Regia di Ismail Merchant vedi scheda film
Il quarto film diretto da Ismail Merchant - la sceneggiatura è tratta dal primo romanzo scritto più di quarant’anni fa da V.S. Naipaul - è un apologo bizzarro e gradevolmente noioso e non ha la grazia e la profondità descrittiva dei film che il regista produce da decenni per il suo sodale James Ivory. La storia comincia nel 1954, in Gran Bretagna, con Partap (Jimi Mistry), uno studente originario di Trinidad, che aspetta alla stazione un importante personaggio in arrivo dall’isola e che altri non è che il suo mentore Ganesh Ransumair (Aasif Mandvi). La vita e la carriera di Ganesh, prima insegnante, poi uomo di lettere e massaggiatore, con pretese più che con poteri spirituali, e infine uomo politico adorato dagli indiani di Trinidad, discendenti dei lavoratori immigrati dal continente asiatico per lavorare nelle piantagioni di zucchero dopo l’abolizione della schiavitù, è raccontata fuori campo e in campo (con qualche confusione di intreccio) dallo stesso Partap. La nascita di un leader, di uno scrittore e di una guida spirituale come Ganesh offrirebbe appigli umoristici e puntelli sottili per una satira sociale con appunti sapidi sulla superstizione e sulle ambizioni letterarie, sull’avidità e sul desiderio di miracoli. Merchant, però, mantiene una distanza non feconda dai suoi personaggi (quasi tutti poco sviluppati), guarda tutto dall’esterno e non sa con quale cifra tratteggiare il villaggio rurale in cui si svolge il film. La figura più colorita è quella di Ramlogan (Om Puri), il suocero di Ganesh, e i loro duetti sono particolarmente riusciti. L’amore per le parole stampate, la devozione per il sapere custodito dai libri, le mistificazioni parareligiose, le beghe della politica restano, insieme ad altro, argomenti non messi a frutto.
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