Regia di Thomas Bangalter, Guy-Manuel De Homem-Christo vedi scheda film
Tra le esperienze visive più elaborate e stimolanti degli anni 2000, diretto dagli stessi Bangalter e De Homem-Christo ovvero i Daft Punk, che si dimostrano anche delle menti creative dalla cultura audiovisiva e non soltanto musicale non comune, confermato dalla citazione nel disegno tecnico dei veri "volti" cibernetici dei robot consistenti in circuiti integrati, quindi dalla citazione diretta de "Il Mondo dei robot"(Westworld)(1973) di Michael Crichton, ma ancora di più "Futureworld"(1976), di Richard T. Heffron.
Estremamente appagante e assieme lento, contemplativo ed evocativo come si conviene ma non soltanto per l'ascolto quanto anche per gli occhi, oltre che strepitoso per quanto riguarda le scelte musicali, mai con musiche dello straordinario duo francese, e comprendenti da Curtis Mayfield con "Billy Jack", al "Miserere" di Gregorio Allegri, al "Quartetto per archi in mi bemolle maggiore Op.64, n°6," di Joseph Haydn, passando per il "Preludio 24, Op.28 N°4 in mi minore"' di Frédéric Chopin, "Universe" di Sébastien Tellier, tanti altri e un finale davvero memorabile e che sfonda ogni confine tra videoclip e "videoarte", oltre ad aver contribuito non poco alla riscoperta del sommo Jackson C. Franke e della sua canzone folk- capolavoro "I Want to Be Alone".
L'ambientazione americana nella cittadina desertica con gli abitanti nei diversi sessi e mestieri, tutti con lo stesso casco bambini compresi del duo parigino, è ben sfruttata e resa estremamente cinematografica dalla splendida fotoografia, cosi come sono elettrizzanti i lunghi camera car ravvicinati e con grandangoli, riprese aeree, della interminabile autostrada percorsa dalla Ferrari 312GB con targa "Human" nera in avvicinamento alla cittadina.
L'operazione per ottenere teste e facce di "sembianze umane" da parte dei due robot,è una delle di creazione visuale negli ultimi 15 anni, con un ardito e ammaliante utilizzo soltanto del bianco più abbacinante e sparato degli scafandrati chirurghi cibernetico, contrapposto ad un nero cosi netto e profondo che inghiotte ogni dettaglio e contorno.
Una idea che inevitabilmente riporta a certe asettiche ambientazioni del futuro kubrickiane da "2001", e che sarebbe certamente non dispiaciuta allo stesso.
Anche tutto il concetto del suicidio per disperazione dei due robot, nella loro sempre più frustrante, avvilente e angosciosa condizione di non poter in alcun modo -come nessuno altro degli altri robot di questo "pianeta dei robot" -uscire dalla loro condizione di "non umani", è risolto con delle intenzioni narrative e di visionarietà non comuni, che ci porta ad empatizzare per i due robot.
Ted_Bundy1979
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