Regia di Juan Gautier vedi scheda film
Il cinema spagnolo non è nuovo a film o serie tv ambientati nelle scuole e a tematica bullismo. Una delle pellicole che più si avvicina a El aspirante, esordio nel lungo di finzione di Juan Gautier, è Novatos (Pablo Aragüés, 2015), anch’essa ambientata in una scuola con tanto di studentato dove i più giovani, le matricole, i “novatos”, subiscono un bullismo feroce legittimato dal nonnismo tipico degli ambienti maschili in cui, la mascolinità, tossica o benigna, persa o ricercata, o semplicemente in evoluzione, innerva ogni relazione.
Ciò che stupisce del film di Gautier non è tanto il tema e come viene sviluppato, ma soprattutto lo sguardo, mutuato sicuramente dalla precedente esperienza nel corto e nel documentario del regista e qui impreziosito di un certo impressionismo realista. Al di là della fotografia e del montaggio che danno un’idea concreta e palpabile delle atmosfere e dell’ambiente narrativo, saturo di testosterone, in cui si sviluppa la storia, è proprio lo sguardo registico che pilota la macchina da presa a colpire tanto emotivamente quanto artisticamente. I ragazzi protagonisti sono seguiti e accarezzati, spiati e osservati dalla macchina da presa il giusto per rendere di ognuno di loro ogni singolo sussulto, ogni ambiguità, ogni tremore, ogni felicità improvvisa e ogni rapida caduta nello scoramento tipico di quell’età. Il lavoro che il regista ha saputo fare, soprattutto con i due protagonisti, Jorge Motos – sempre ottimo fin dagli esordi e già coinvolto in un film di tematica affine (Lucas, 2021: il lungo tratto dall’omonimo corto dello stesso regista Álex Montoya) e Lucas Nabor, oltre anche a Felipe Pirazán, Perdro Rubio ed Eduardo Rosa senza i quali non sarebbero emersi i caratteri distintivi e dualistici dei due protagonisti, è un lavoro delicato ed intimo, possibile solo allo stato di grazia degli attori e della umanità del regista, simile a quella di Zoe Berriatúa quando dirigeva Emilio Palacios e Jorge Clemente in Los héroes del mal (2015).
Su tutti bisogna applaudire Lucas Nabor, attore madrileño, classe 1994, già apprezzato in serie tv come SKAM España (2019-2020) e Todos mienten (2022), ma soprattutto in due film, tra gli altri, molto importanti con cui ha condiviso il set con attori e registi di primissimo piano del cinema spagnolo come Asedio (2023, Miguel Ángel Vivas) e Todos los nombres de Dios (2023, Daniel Calparsolo). Il suo personaggio è forse il più ambiguo e il meno stereotipato. Trasmette tutta l’irruenza e la spavalderia del ragazzo duro che non vuole farsi mettere i piedi in testa dai bulli rispondendo con resiliente ironia e, poco alla volta, con sempre più rabbia e presa di posizione; ma al tempo stesso trasuda una certa ambiguità, soprattutto nel rapporto con il suo miglior amico interpretato da Jorge Motos, la cui ambiguità è ancora più marcata, e anche nel rapporto con l’altro sesso. In questo senso è infatti importante il generoso nudo frontale del giovane attore intento a ricercare un’erezione che il troppo alcol, o forse altro che non ci è dato sapere, gli impedisce di avere al primo tentativo intimo con una ragazza. Un’immagine, un fotogramma che ci restituisce l’impotenza del giovane davanti alla realtà del contesto: un mondo machista retto da regole militari di matrice fascista. Non solo, l’ambiguità, l’impotenza, l’arrendevolezza del corpo, sono anche i segnali di un dualismo più viscerale che è quello che, in forme più semplicistiche, potremmo dire essere alla base della polarizzazione tra lupi e agnelli, carnefici e vittime e la loro inversione dei ruoli.
Nel film di Juan Gautier non c’è il personaggio monolite schiacciato dal sistema o che il sistema riesce a batterlo, c’è o ci sono personaggi labirintici, che non sono sempre quello che sembrano, attorcigliati su loro stessi grazie ad una bravura recitativa antologica amplificata dalla sensibilità visiva del regista che sa come modulare la narrazione e come gestire i climax fino ad arrivare al finale distorto, capovolto, come il mondo tossico in cui purtroppo stanno crescendo le nuove generazioni.
Davvero un peccato che l’Academia spagnola si sia dimenticata di Lucas Nabor e di El aspirante per riconoscerne la grandezza ai Premi Goya del 2025.
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