Regia di Henry Hathaway vedi scheda film
Un bambino e una bambina litigano per il possesso di alcune tavole di legno (lui vuole costruire un carretto, lei una casa per le bambole): ognuno dei due dice di non voler più vedere l’altro, senza sapere che il loro legame durerà per il resto della vita e oltre, al di là dello spazio e del tempo. Poi la mamma di lui muore, arriva uno zio a portarlo via; quando si ritrovano per caso, anni dopo, lui è diventato un architetto e lei ha sposato un duca, ma basta una parola (“Cric” “Crac”) per capire che fra loro nulla è cambiato. Melodramma forsennato, senza paura del ridicolo nel raffigurare l’anatomia di una passione, con risvolti fantastici che lo imparentano per es. ad Angelo delle tenebre (1935) o Fuga nel tempo (1948): antesignani di storie d’amore più moderne ma in fondo senza tempo, come Ghost o Se mi lasci ti cancello. In ognuna delle tre parti del film c’è un diaframma che separa gli innamorati, pur permettendo di guardare attraverso, e rappresenta il loro destino di divisione e condivisione: una grata fra i giardini delle due ville, una cancellata nella tenuta del duca (nella prima scena in cui i due si rivedono, ancora senza riconoscersi), le sbarre di una prigione. Un’opera di straordinaria finezza per un regista come Hathaway, poi distintosi soprattutto nel genere western.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta