Regia di Victor Erice vedi scheda film
Questo film è un esempio per uno dei misteri del cinema: senza che accada niente di particolare, o accadendo pochissimo e lentamente, la pellicola cattura comunque l'interesse, e la si guarda volentieri. Si seguono il meticoloso lavoro del pittore (altro che avanguardie e futurismi vari, dove si imbratta la tela e basta), le conversazioni con la moglie e gli amici, i piccoli e continui problemi del suo lavoro, il tempo che cambia tra pioggia e sole, e persino i muratori dell'Est-Europa che gli stanno ristrutturando la casa. Più che a un film di finzione - cosa che comunque è - assomiglia ad un documentario senza recitazione, su persone che fanno semplicemente le loro cose. L'insieme ha il sapore della verità e della spontaneità.
Un personaggio che colpisce, o forse addirittura buffo, è il pittore amico del protagonista. Ha dentro una strana commistione di pacatezza apparente e ribellismo nascosto, che si riflette in altre contraddizioni. Commentando il Giudizio Universale di Michelangelo, tra le altre cose, dice di essere ateo. Ma poi aggiunge che non vuole andare in paradiso "per non fare il lecchino di Dio".
In generale, il film è una riflessione sulla creazione artistica, specie quando si prefigge fermamente di copiare la realtà. Quest'ultima muta di continuo, ed è praticamente impossibile immortalare l'attimo esattamente com'è, perché mentre ci si lavora le cose sono già cambiate: il sole si è spostato, è scoppiato un temporale importuno, la stagione avanza e le mele cotogne cambiano di posizione finché cadono assieme alle foglie...
Un film da vedere se non altro per la sua originalità, e da consigliare a tutti i pittori. PS: la parte centrale è girata in videotape, forse per scarsità di fondi.
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