Regia di Susanne Bier vedi scheda film
Sembra remoto quel marzo del 1995 quando Lars von Trier e Thomas Vinterberg firmarono Dogma 95, manifesto e voto di castità cinematografici. Provocazione linguistica, invenzione di marketing, nostalgia di una scuola/setta alla quale affiliarsi o contro la quale scagliarsi con veemenza o sarcasmo. Lars von Trier a Cannes 2003 ha chiuso e sepolto il capitolo dogmatico, ma quella carta di intenti continua a vivere come grammatica normativa, sintassi rigida (anche se non applicata sistematicamente) per Susanne Bier in Open Hearts. Un dramma degli affetti scritto con perizia, costellato di omaggi (non intenzionali secondo la regista, ma poco casuali) a Le onde del destino, Idioti, The Kingdom. L’amore e la prospettiva di felicità di una giovane coppia (Cecile e Joachim) sono annientati da un incidente automobilistico che paralizza irrimediabilmente l’uomo. Questa disgrazia disgregherà, nella passione e nel rancore, la famiglia di Marie, la donna che ha investito Joachim e che è la moglie di uno dei medici dell’ospedale in cui viene assistito il paraplegico. La videocamera e il Super8 sono inseriti come sonde nel tessuto connettivo di una quotidianità da postneorealismo acceso da tonalità di un melodramma ghiacciato.
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