Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
La dea bendata, nella sua bronzea fisicità, mostra, orgogliosa, gli strumenti della giustizia mentre assiste, inerme, al fluttuare dei piatti che si agitano nel vento. La videocamera di Clint Eastwood inquadra la scultura dietro le spalle mentre, in secondo piano, la procuratrice ed il giurato, seduti su una panchina, discutono del senso della giustizia. Rigida e poco flessibile, la legge è come la statua che accoglie i visitatori al di fuori del tribunale, dove si è concluso il processo a carico di un uomo accusato dell'omicidio della fidanzata. Per sua natura astratta, la legge non può conformarsi ad ogni singolo individuo e, nell'impossibilità pratica di adattarsi alle particolarità del singolo caso, viene applicata in modo impreciso e talvolta arbitrario.
Molti fattori ne causano un'errata applicazione determinando quelle oscillazioni che muovono, come l'aria, i piatti della bilancia, i quali dovrebbero risultare, in un mondo perfetto, immobili e allineati. Questa breve sequenza potrebbe sembrare insignificante, eppure è il simbolo di questo film. La legge non è sempre adeguata alle aspettative, qualche volta non garantire la giustizia, è macchinosa, inafferrabile. Può travisare il suo stesso scopo quando ad applicarla è un sistema che discosti leggermente la benda, per vederci meglio, od utilizzi a sproposito la forza, dotandosi di una spada a doppio filo più affilata da un lato rispetto all'altro. Ma, come afferma Eastwood in questo suo ultimo (?) film, alla soglia dei 94 anni, la legge è imprescindibile per l'umanità. È quella che è, ma è la migliore possibile e per questo va applicata e rispettata. Se c'è la legge può esserci la giustizia. L'esatto contrario non è valido. Durante il processo e, più tardi, durante la fase decisionale, Eastwood mette a nudo le cause che possono alimentare l'oscillazione di quei piatti che dovrebbero contenere l'imparzialità del sistema. Il giudizio sul procedere è inficiato da questioni politiche mentre il verdetto è influenzato da questioni personali, pregiudizi, scarsa ragionevolezza, miopia, fretta. Ma se il procedimento nella sua interezza può essere compromesso c'è sempre modo per la giustizia di rialzare la testa anche se ciò significa, per la legge e per chi la persegue, fare un passo indietro e rimettere in discussione la procedura che ha portato al risultato finale. È una possibilità che il sistema democratico concede ma gli attori coinvolti devono mettere da parte i propri interessi e soprattutto credere nell'integrità come valore. Naturalmente Eastwood si ingegna a disseminare il caso di attenuanti da una parte e di aggravanti dall'altra per rendere improba la scelta dello spettatore. Con chi schierarsi, dunque? Con la più onesta applicazione della legge? Dalla parte di una più che relativa applicazione della stessa? Il finale sembra dare una risposta alle domande dello spettatore.
Clint Eastwood cita il capolavoro "La parola ai giurati" ma non ne segue, pedissequamente, lo schema nonostante le evidenti similitudini. Nel film di Lumet la giustizia e la legge tendono a coincidere. Il sistema non è perfetto ma l'integrità e la purezza del singolo garantiscono il più onesto risultato possibile. "Giurato numero 2" ci mette davanti a luci e a numerose ombre. Le intenzioni dei singoli spesso sono sbagliate e laddove sono buone sono influenzate da questioni personali che offuscano il giudizio. Il giudizio è lacunoso e iniquo. Il texano dagli occhi di ghiaccio, tuttavia, sembra ancora credere in un sistema che ha analizzato, nel corso della carrieria, nei limiti quanto nei punti di forza. E dove fallisce il sistema è compito del singolo porre rimedio.
"Giurato numero 2" è il film lucido di un vecchio grande autore che può permettersi un cinema privo di fronzoli in cui lo spettacolo cede il passo all'ordinaria imperfezione della vita. Un cinema che è pietra miliare su cui incidere la propria visione della civiltà, della democrazia e della giustizia. Se il cippo sarà davvero l'ultimo di questa lunghissima strada, per Clint Eastwood sarà, senza dubbio, il degno commiato.
Cineforum Leoniceno - Cinema Eliseo - Lonigo (VI)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta