Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Con Giurato numero 2, Clint Eastwood invita lo spettatore a riflettere sulla verità e sui limiti del sistema giudiziario, sfidando le convinzioni personali in un mondo di incertezze morali.
Il film vede Nicholas Hoult interpretare Justin Kemp, un giovane prossimo a diventare padre che viene convocato come giurato in un processo per omicidio, coincidente con il terzo trimestre della gravidanza ad alto rischio della moglie. Sperando di essere esentato dalle sue funzioni giuridiche a causa di questo evento straordinario, viene invece selezionato per la giuria e si ritrova al centro di un caso in cui un uomo è accusato di aver ucciso la fidanzata e di averne occultato il corpo lanciandolo da un ponte dopo una lite alcolica in un bar.
Con il progredire del processo, diviene presto evidente che il fattaccio è avvenuto nella stessa notte in cui Justin aveva abbandonato quel bar, colpendo ciò che riteneva essere un cervo sul ponte sotto il quale è stata poi rinvenuta la vittima. Con crescente orrore, realizza che quanto investito su quel ponte potrebbe non essere stato un cervo e che, mentre l'uomo processato potrebbe essere innocente, il colpevole sarebbe lui stesso. Justin si trova dunque a fronteggiare un dilemma terribile: persuadere i suoi colleghi giurati dell'innocenza dell'imputato senza rivelare la propria colpevolezza, o sacrificare un uomo innocente per salvare se stesso e la sua giovane famiglia?
Giurato numero 2 è un dramma processuale come non se ne vedono quasi più, autentico, genuino e di sublime profondità. Lo si intuisce già dalla scena iniziale, nella quale il primo piano della dea bendata della giustizia (Themis) anticipa quello di una donna, anch'essa bendata, che si accinge a scoprire la stanza del nascituro allestita a sorpresa dal marito.
Con la caduta della benda, la regia, con uno stacco di montaggio, adotta il punto di vista della donna, immergendoci nella sua esperienza e prospettiva, invitando lo spettatore all'empatia mentre esplora il mondo costruito per lei dal coniuge. Questo semplice campo-controcampo anticipa il fulcro tematico del film: lo sguardo. Gli occhi bendati della donna simboleggiano una volontaria cecità nei confronti del turbolento passato da alcolista del consorte, che sarà messa in discussione nel corso del film.
Eastwood esplora costantemente il tema del visibile e dell'invisibile, dell'evidente e del celato: la sposa bendata, il protagonista accecato dal temporale, il testimone disorientato dalla distanza, il pubblico ministero obnubilato dall'ambizione. Si tratta di un film intriso di punti ciechi, di elementi costantemente contestati, di sguardi incerti, di personaggi che non vedono, vedono male, scelgono di non vedere o vedono quello che vogliono. Eppure la verità è in bella vista, le informazioni sono davanti a loro, ma essi non riescono a discernerla.
Non è solo questione di struttura narrativa e di montaggio, ma anche di rappresentazione grafica. L'illuminazione cristallina e la semplicità della fotografia contrastano con l'emotiva cecità dei personaggi. Potrebbe sembrare strano in un film così carico di dubbi e fraintendimenti, se non fosse che la chiarezza visiva accentua ulteriormente il tema centrale. La vera profondità di Giurato numero 2 risiede non solo nel dilemma morale affrontato dall'eroe, ma anche nel modo in cui il pubblico e i personaggi percepiscono e interpretano la realtà.
Eastwood dirige quella che potrebbe essere la sua ultima opera con uno stile ormai perfezionato: essenziale, privo di orpelli, incisivo nella costruzione delle scene ma ingannevolmente semplice, orchestrando emozioni contrastanti in maniera sempre coinvolgente, ponendo il protagonista e gli spettatori in un mare di grigio morale che sfida i limiti non solo del sistema giudiziario americano, ma anche del concetto stesso di giustizia.
La sua indagine sulla creazione dei miti americani non degenera mai in cieco gingoismo sulla grandezza degli Stati Uniti. C'è una malinconia nella scoperta dei propri fallimenti. I suoi film sono introspettivi piuttosto che didattici, affrontano il passato e si scontrano con le narrazioni personali. I personaggi sono spesso figure comuni, talvolta un po' ingenue, che si trovano improvvisamente costrette a compiere scelte complicate ed affrontarne le conseguenze.
Giurato numero 2 si confronta con l'idea di giustizia in un sistema nel quale la giustizia non è sinonimo di verità, e spesso serve solo a farci sentire meglio senza affrontare davvero i problemi. Chi, quindi, serve giustizia? In un mondo in cui la giustizia non sembra più cieca, il lucido requiem di Eastwood si configura come un ritratto essenziale della ricerca della verità nel tempo della post-verità.
Il campo-controcampo finale, non per caso fatto di sguardi, sintetizza idealmente i dilemmi etico-morali che hanno caratterizzato gran parte del suo cinema, confermando la sua grande abilità nel sapersi muovere al confine tra la dimensione classica e quella moderna.
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