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Giurato numero 2

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Giurato numero 2

di Alvy
10 stelle

L’asse orizzontale di La parola ai giurati (1957) viene miracolosamente perturbato da un movimento verticale: i vertiginosi dilemmi etici di Anatomia di un omicidio (1959).

 

Ma Clint va oltre e recupera la lezione manniana di Terra lontana (1954): se il funzionamento democratico di una comunità è dato dalla somma dei comportamenti degli individui che la compongono, ciascuno dei quali è intrinsecamente minato da una serie di pregiudizi, meschinità e tornaconti personali, come possiamo davvero confidare nella possibilità di accertare i fatti? E siamo davvero sicuri che accertare i fatti corrisponda automaticamente sempre e comunque a fare giustizia? 

 

Lì dove Million Dollar Baby (2004) si confrontava con la retorica delle opportunità negate (People die everyday, Frankie - mopping floors, washing dishes and you know what their last thought is? I never got my shot. Because of you Maggie got her shot), il suo sequel spirituale a vent’anni esatti di distanza sembra sussurrare un pensiero da brividi: avere una o addirittura più di una chance nella vita non è un’opzione meno infernale del non averne (mai avuta) neanche una. Il giurato numero 2 (Nicholas Hoult, a dir poco straordinario), l’imputato (Gabriel Basso, dalla dignitosa e trattenuta disperazione) hanno avuto una seconda chance ma non per questo sono arrovellati da meno dubbi e cedimenti esistenziali rispetto alla specchiata procuratrice distrettuale (Toni Collette alla miglior interpretazione della carriera) o a un detective in pensione che ancora confida nel potere di un’indagine razionale ma fuori dalle procedure (J.K. Simmons palesemente un Dirty Harry fuori tempo massimo, non a caso uscirà presto di scena).

 

Il sistema giudiziario che abbiamo non è perfetto ma è il migliore che abbiamo viene detto in Giurato numero 2 (2024). Se sottoponessimo questa affermazione al Red Garnett di Un mondo perfetto (1993), lui forse reagirebbe così:

 

I don't know nothin'... Not one damn thing.

L’inafferabilità delle singole esistenze individuali va ben al di là della complessità delle piccole e grandi comunità in cui coabitano

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