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El Cochecito

Regia di Marco Ferreri vedi scheda film

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La recensione su El Cochecito

di OGM
8 stelle

Di Buñuel, questo Ferreri della prima ora riprende lo spirito affettuosamente antiborghese, che ritrae con amorosa passione un mondo di cui contesta impietosamente le magagne; dal maestro surrealista si distingue, invece, per la rinuncia al simbolismo e la scelta – che caratterizzerà gran parte della sua filmografia - di fare della fisicità  il punto di forza del proprio registro espressivo. Il male è più che mai tangibile e disturbante quando attacca il corpo: in questo racconto di Rafael Azcona, l’handicap motorio è la manifestazione visibile di una sofferenza interiore che, per il povero figlio di Don Vicente, è il marchio della decadenza storica e morale di una casta, mentre per l’anziano Don Anselmo (che all’invalidità ambisce) rappresenta uno svantaggio sociale concreto ed evidente che, al contrario della solitudine, induce gli altri alla compassione e garantisce, a chi ne è colpito, il diritto all’assistenza. In entrambi i casi, la carrozzella è il segno di una paralisi della società, che coltiva un benessere sterile, orientato alla materia e all’esteriorità, ed è disattenta nei confronti dei veri valori umani. Il mondo che fa da sfondo a questa storia non ignora i diversi, però guarda ad essi come curiose eccezioni, ad esseri a cui spetta uno status particolare: esemplari interessanti, però non necessariamente degni di essere considerati persone a tutti gli effetti. Per questo motivo, i loro singolari casi si prestano più che mai ad essere sfruttati, cinematograficamente, come strumenti di provocazione.  El cochecito prefigura anche,  sia pur timidamente, attraverso la vicenda del protagonista - che si sente trascurato dalla famiglia e per questo si finge paralitico - la perversione di una società ricca che insegue assurdamente il degrado, l’annientamento, la negazione, con una forma di nichilismo autolesionista che, in molte sue opere successive, Ferreri applicherà alla sfera istintuale, e raggiungerà ne La grande abbuffata il massimo grado di voluttà suicida.

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