Regia di Nicolas Roeg vedi scheda film
“Le conseguenze di un amore”: quello che incastra le esistenze di due persone distanti per provenienza, estrazione sociale, interessi ed attitudini: un professore americano di psicologia con cattedra a Vienna, e una avvenente ragazza bionda, già sposa di un anziano uomo d’affari.
I due divengono amanti, si concedono viaggi assieme in località turistiche suggestive, fino a che l’uomo le chiede di sposarla. Lei è costretta a rivelare all’uomo la verità, e per entrambi la sconfitta è cocente. Quando si rincontrano per caso, la scintilla amorosa, o quanto meno sessuale, scoppia forte e vigorosa, ma quando una notte la donna chiama l’uomo avvisandolo che si è appena avvelenata ingerendo un flacone di pillole, l’uomo si presta a darle soccorso in ritardo in quanto incredulo della circostanza, e quando sopraggiunge nell’appartamento, anziché soccorrere la donna, ne busa sessualmente, avvampato dal desiderio nel vederla inerte, adagiata sul letto, avvolta nel suo lenzuolo viola sfolgorante.
Giunti i soccorsi, ricoverata in coma pressoché in fin di vita e sottoposta ad un devastante procedimento di disintossicazione on annessa tracheotomia, la questione passa all’indagine della polizia. Un detective prende possesso dell’indagine e si concentra sul comportamento dell’insegnante, cercando di entrare nei minimi dettagli di quella nottata drammatica.
Il lenzuolo viola è un film morboso e anomalo, che sviscera il suo racconto poco per volta immergendoci in particolari così intimi da risultare quasi imbarazzanti: Roeg, come è suo costume, utilizza freneticamente ma con grande destrezza la tecnica del flashback per illustrarci e scandirci i dettagli, anche quelli più morbosi, di una attrazione esplosiva che è tuttavia destinata a rimanere clandestina, almeno sino al tragico epilogo.
L’indagine ossessiva e martellante del poliziotto, interpretato da un ostinato Harvey Keitel, è minuziosa e risulta quasi più una lezione morale che una vera e propria esplorazione dei fatti criminosi di cui si teme la circostanza. Al poliziotto interessa più conoscere le motivazioni intime e verificare il pentimento degli eventuali colpevoli, piuttosto che comminare una pena, giusta o sproporzionata che essa sia.
Art Garfunkel, chioma a cespuglio goffa ed improbabile, ma anche irrinunciabile, cantautore notissimo prestato raramente, ma in circostanze ogni volta esemplari e molto note al cinema, offre in questa sua terza (ed ultima?) interpretazione cinematografica, dopo le due esemplari esperienze con Mike Nichols, una prova nevrotica ed irritante, ma proprio per questo estremamente riuscita.
Appena ventiduenne, splendida nella sua opulenza giunonica perfettamente distribuita, Theresa Russell ci mette corpo e anima per divenire la musa del regista, e la sua fisicità prorompente spiega, ma non giustifica, certi comportamenti deprecabili del nostro controverso protagonista.
Irritante e per nulla compiacente, Il lenzuolo viola diviene una tappa fondamentale nel cinema sottilmente perfido e spesso morboso, onirico e anche molto erotico, del versatile cineasta inglese.
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