Regia di Guido Malatesta vedi scheda film
Assieme alla battaglia di Stalingrado e allo sbarco in Normandia, la prima grande sconfitta ad El Alamein (23 Ottobre – 1 Novembre 1942), dove l’Armata italo-tedesca viene sbaragliata e costretta ad una ritirata umiliante dall’esercito inglese, è stata una delle svolte fondamentali della Seconda Guerra Mondiale. E come sempre accade quando si hanno di fronte grandi pagine della Storia Universale, dietro si scoprono le "piccole" storie di uomini che con le loro azioni quotidiane hanno fatto grande la Storia dell’Umanità. La battaglia di El Alamein è una di queste pagine ed il regista Enzo Monteleone (Ormai è fatta!) racconta qualcuna di queste storie concentrando il suo sguardo su un particolare settore del fronte, il "settore sud", quello più lontano, più disperato, con le condizioni logistiche e climatiche più estreme…. caldissimo di giorno, freddo terribile di notte, isolamento, rifornimenti che non arrivano, lotta per la sopravvivenza quotidiana, missioni suicide nei campi minati, mancanza totale di informazioni su quello che sta succedendo sù al nord, dove c’è il grosso dell’armata italo-tedesca. Insomma: storie di uomini, storie di soldati italiani in una "guerra dei miracoli" (per ciascuno di loro a disposizione soltanto tre occasioni per salvarsi miracolosamente la pelle!) dove la morte di eroi comuni diventa "bella solo nei libri di storia mentre nella realtà è orrenda e sporca." La storia del giovane soldato Serra (Paolo Briguglia) ,volontario universitario arruolato nella divisione "Pavia" (la sua voce fuori campo fa da contrappunto all’intera vicenda ricordandoci per intensità e suo utilizzo un’altra delle voci storiche fuori campo dei film di guerra come quella del soldato volontario americano in Vietnam Charlie Sheen in Platoon di Oliver Stone), è anche la cronaca di un racconto di formazione che gli stenti ed orrori di una guerra trasformano in epico ritratto ed affresco di "un nobile soldato senza bandiera; non c’è di più triste; e che una bandiera non si può fare" (Mario Tobino Il deserto della Libia). Tra momenti di intimità e confessioni personali (l’animo Mediterraneo dello sceneggiatore Monteleone ogni tanto fa capolino!), paesaggi "lunari" (la fotografia di Daniele Nannuzzi è compagna di guerra angosciante ed assoluta nelle sue luci così nette da stordire la testa) e scene di guerra rese con il giusto equilibrio tra epica atrocità e personali sofferenze, Enzo Monteleone si fa silenzioso testimone del destino di soldati lasciati allo sbando , abbandonati a sé stessi, valorosi, straccioni ma pieni d’orgoglio e che vivono dignitosamente "l’umiliazione di una fine senza fine". Ed è soprattutto con i personaggi del Sergente Rizzo (Pier Francesco L’ultimo Bacio Favi no , finalmente in un ruolo di primo piano reso con commovente partecipazione e sfumature minime e mai fuori posto) e del Tenente Fiore (un irriconoscibile e maturo Emilio Se fossi in te Solfrizzi) che Monteleone scolpisce i ritratti più riusciti di soldati come dure rocce intaccabili che così nella loro immobile e ferma compostezza diventano il doloroso simbolo di tutti quegli eroi sconosciuti che, sfiorati dal destino, morirono dimenticati nelle sabbie del deserto.
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