Regia di Hou Hsiao-hsien vedi scheda film
Dopo aver guardato The Boys of Fengkuei di Hou Hsiao-Hsien, ho continuato il mio viaggio nel Nuovo Cinema taiwanese con A Time to Live, A Time to Die dello stesso regista. Rispetto al film del 1983 troviamo un Hou più maturo, capace di creare meno confusione e di dare un'identità più precisa all'opera. Anche la fotografia è migliorata, evitando per esempio l'uso eccessivo di campi lunghi. Purtroppo però, Hou continua a non emozionarmi. Il suo cinema, fatto di realismo e tempi dilatati, non può permettersi di marciare sempre la stessa strada. Infatti questo film, come The Boys of Fengkuei, tratta sempre il tema della maturità. Inoltre, anche se non li ho visti, so che oltre a questi due film ce ne sono almeno altri due che trattano lo stesso tema, essendo questo A Time to Live, A Time to Die il secondo lungometraggio della "trilogia della formazione" di Hou.
Sono molte le cose simili al film-manifesto del Nuovo Cinema taiwanese uscito tre anni prima. C'è sempre un percorso che porta a maturare il protagonista, c'è sempre la figura del padre - perennemente seduto e silenzioso - ci sono le scazzottate tra ragazzi e l'importanza delle donne e della sessualità nella crescita dell'uomo. Meno sviluppato rispetto al film precedente invece l'importanza del lavoro.
Il problema col cinema di Hou è che il regista gioca troppo sul non detto. Hou vuole toccare molti aspetti della vita intesa come esistenza ma finisce per depotenziarli per via della sua narrazione. Gioca sul non detto e sulla non narrazione mentre funziona invece splendidamente quando vuole raccontare una storia, come accade all'inizio e alla fine del film, quando riesce effettivamente a emozionare portando in gioco la realtà e non il realismo.
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