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Bogart: Life Comes in Flashes

Regia di Kathryn Ferguson vedi scheda film

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La recensione su Bogart: Life Comes in Flashes

di Alvy
7 stelle

 

Butto giù due righe mentre mi asciugo le lacrime.

 

La scelta di usare il privato come cartina al tornasole delle svolte di una carriera artistica è certamente convenzionale ma funziona nella misura in cui l'uomo Bogart venga efficacemente restituito alla propria epoca senza cedere all’agiografia o scadere nello scandalismo.

 

Trovo strepitoso il modo misurato, sereno ed equilibrato con cui viene dipinto il rapporto non esattamente specchiato di Humphrey con le tante donne della sua vita, a partire dalla madre, celebre illustratrice pubblicitaria, passando per i tre divorzi e per arrivare a lei, la gigantesca Lauren Bacall, quarta moglie. Che bello vedere un documentario, diretto per di più da una donna, in cui si riporta, senza particolare enfasi né positiva né negativa, che un ventenne degli anni Venti del Novecento volesse accanto a sé una donna che badasse più alla coppia/famiglia/matrimonio che non alla carriera. Funzionava così all'epoca, non c'è da stupirsene ma non mi aspettavo un approccio alla materia così pacato in un documentario su uno dei più grandi divi della Hollywood Classica, su cui ultimamente si sparano talmente tante inesattezze che neanche l'angelo di seconda classe di La Vita è Meravigliosa riuscirebbe a emendare del tutto.

 

Allo stesso tempo, è perfettamente centrata la ricognizione, portata avanti dalla regista Kathryn Ferguson col piglio della brava ricercatrice, del contributo delle suddette donne alla carriera di Bogie: è da brividi constatare come ciascuna di esse abbia lasciato, in modi e tempi diversi, un'impronta fondamentale nella crescita umana e professionale di un uomo per molti aspetti assimilabile a tanti coetanei dell'epoca ma la cui immagine è divenuta epitome stessa del Cinema. 

 

Qualcuno ha storto il naso davanti all'idea di chiedere a Kerry Shale di imitare il più fedelmente possibile la voce di Bogie per riprodurre alcuni stralci di dichiarazioni e interviste rilasciate dal divo durante gli anni. Si tratta, a ben vedere, di una scelta coraggiosa che consente all'opera di smarcarsi dai paletti della non fiction: quella Hollywood, quel mondo perduto per sempre, quel divismo mai più eguagliato possono essere compresi solo ricorrendo insistentemente alla fiction pura - inserti d'invenzione a colori inclusi. 

 

Ci sarebbero altre cose da dire ma le lacrime stanno tornando a scendere copiose. Devo andare. Scusate. 

 

P.S.
Quanto sono belle e azzeccate le musiche degli Unloved?

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