Regia di Georges Franju vedi scheda film
Franju ci invita a posare gli occhi su quegli aspetti della realtà che non si possono/vogliono vedere. A questi appartengono le deformità fisiche ed i volti sfigurati, ma anche, più astrattamente, il sogno della scienza che, come in questo film, nasce dall’incubo e nell’incubo finisce. Orrore è, infatti, il prodotto della ragione quando questa, con coerenza e freddezza, decide di seguire il desiderio fin dentro alla follia. Il lato oscuro della creatività umana è la reificazione del vivente, è il momento in cui la carne diventa materia da prendere e manipolare secondo la propria volontà. In questo film la distinzione tra chirurgia e macelleria è di carattere puramente tecnico: la prima si differenzia dalla seconda solo per una maggiore precisione esecutiva, ma è comunque una pratica cinica, esclusivamente finalizzata allo sfruttamento della sostanza del corpo altrui, che prescinde dall’identità dell’individuo che è oggetto dell’operazione. La sperimentazione medica come laboratorio/mattatoio è l’inquietante metafora del millenario affanno dell’uomo contro il dolore e contro la morte, che come tutte le lotte senza speranza, finisce, quando non rispetta i limiti, per sconfinare nel diabolico e generare mostri.
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