Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Prima di dedicarsi all'anti-cinema del Dogma95, Lars Von Trier realizza l'iper-cinema di "Europa". Bizzarro e vacuo esercizio di formalismo raggelato, mimesi cine-classica (noir anni 40 miscelato ai melo anni 50, in un divertito cocktail di b/n e colore che fa a pezzi la Storia del cinema, prima ancora di quella dell'Europa), cromatismi che esaltano e ridicolizzano i precetti dell'espressionismo, figure umane posticce sovraimpresse a cine-fondali scenografici: come se non bastasse, a smascherare l'artificio vontrieriano, ci si mette anche un narratore onnisciente che letteralmente inventa le immagini del film ipnotizzandone il protagonista ed accompagnandolo in un percorso guidato. Fra il razionalismo di Brecht e l'irrazionalismo onirista, Von Trier scopre subito le carte, ma non sa bene nemmeno lui a che gioco giocare. "Europa" fa parte del Trier ambizioso e confusionario, che dissipa idee brillanti in un meccanismo immaginifico dove si fa sempre più lampante la scollatura fra lo script e la regia; la sua rappresentazione della Germania post-nazista come sineddoche di una Europa moralmente e materialmente miserabile è pretenziosa e superficiale, così come il fallimento dell'idealismo professato da un "inetto" sveviano resta un tema sviluppato in modo opaco e prolisso. Tutti difetti che non impediscono al film di qualificarsi come un'opera strana, unica, suggestiva, inclassificabile, che parodizza il post-modernismo, creando un arsenale di trucchi che poi lo stesso LVT provvederà prontamente a smantellare (per poi ricostruire) nelle opere successive, suscitando entusiasmi ed irritazioni a tutto spiano.
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