La recensione su Epidemic

di alan smithee

8 stelle

AL CINEMA

"Solo un caso del destino può essere sinistro e al tempo stesso fantastico nella portata.

Tanto da essere tentati di trarre conclusioni logiche, ma che poi finiscono per rivelarsi prive di fondamento.

Nell'arco di 5 giorni il manoscritto "Epidemic" venne ideato e scritto in questa casa e nei suoi dintorni.

Una vera epidemia si stava diffondendo in quei 5 giorni.

Il fatto che questa arrivasse assieme alla conclusione della sceneggiatura è una di quelle coincidenze inspiegabili."

Lars von Trier e Niels Vørsel interpretano loro stessi nell'atto di consegnare, elettrizzati e concitati, una sceneggiatura a un produttore.

Il testo tratta della improvvisa diffusione di una epidemia che non dà scampo.

Come per un destino beffardo, il contagio si sta verificando anche nel mondo reale e la realtà finisce per corrispondere o addirittura a superare la suggestione del testo scritto.

Epidemic infatti alterna momenti di realtà con momenti in cui si assiste al film che i due hanno consegnato nel quale von Trier figura anche come attore, interpretando il ruolo centrale dell'ostinato dottor Mesmer, un medico che sta cercando una cura per la diffusione di quella nuova epidemia.

Per il regista Lars von Trier, si tratta del suo secondo lungometraggio, nonché secondo capitolo della cosiddetta trilogia europea, iniziata nel 1884 con il complesso, affascinante e controverso L'elemento del crimine e proseguita con il potente Europa. Epidemic inoltre rappresenta la prima di una serie di collaborazioni tra Lars von Trier e Udo Kier, celebre iconico attore che apparirà spesso nei successivi lavori, a volte solo in ruoli cameo, quasi sempre indimenticabili.

Tra le bizzarrie di storia e situazioni, quella visiva più eclatante è rappresentata dal fatto che già ad inizio del film appare sullo schermo in alto a sinistra in rosso il titolo "EPIDEMIC" insieme al simbolo del copyright, "©".

Una scritta che permane per tutta la durata del film, come un marchio indelebile che contrasta nettamente con la fotografia sporca e apparentemente trasandata scelta dal regista per creare senso di realismo e di improvvisazione, laddove tutto è scientemente studiato in modo lineare e certosino.

Ironia, sarcasmo, sconcerto e spaesamento sono le principali reazioni che il film bizzarri ma molto interessante provoca su chi l'affronta, facendo emergere chiara la personalità di in regista che avrebbe di lo a poco lasciato segni, anche questi indelebili, della sua visione geniale del racconto cinematografico.

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