Regia di François Truffaut vedi scheda film
“E’ strana la nostra vita, ci s’incontra, ci si ama, si lavora insieme, e poi…. “
Nella lista dei 100 migliori film di tutti i tempi. Effetto notte “è un film che viaggia come un treno nella notte” disse Truffaut, quel meraviglioso innamorato del cinema che, nella parte di Ferrand, il regista del film nel film, usa la metafora per spiegare ad Alphonse, il protagonista maschile, un Jean Pierre Leaud suo attore feticcio, nevrotico e infantile come sempre, la differenza (o l’uguaglianza) fra cinema e vita vera.
Oscar nel 1974 per il miglior film straniero, una lunga serie di premi internazionali, torna a noi restaurato da The Criterion Collection in collaborazione con Warner Bros. presso i laboratori Criterion a partire da un negativo camera originale 35mm e un interpositivo 35mm.
Il restauro è stato supervisionato dal direttore della fotografia Pierre-William Glenn.
Vedere Effetto notte restaurato e in sala per due giorni è una specie di miracolo cinefilo, il giusto tributo a Truffaut che per mezzo secolo ha dovuto sopportare l’home video.
Effetto notte bisogna vederlo solo al cinema, viaggiare con lui nel buio della sala come “un treno nella notte” e uscirne ritemprati, divertiti, leggeri e un po’ malinconici, come quella troupe che si saluta alla fine delle riprese, fa foto di gruppo, vola chi qua chi là verso altri set, qualcuno si rivedrà, qualcuno non ci sarà più perché passato a miglior vita, qualcuno continuerà a prendere pillole per sopportare questa.
Ma in quelle tre settimane che gli “Ammericani” hanno concesso al produttore per girare il film Vi presento Pamela, pena il taglio dei finanziamenti, cinema e vita vera perdono ogni confine, si vive e si muore, si ama e si tradisce, si urla, si ride, si comanda e si ubbidisce, ci si manda in quel posto e si fa pace.
E sempre sotto l’occhio vigile di un demiurgo, il buon dio che assegna ruoli, interviene a sistemare le pedine e se sbroccano (una stupenda Valentina Cortese un po’ ciucca e molto fané, finalmente senza il suo immancabile foulard, sbaglia sempre porta e bisogna ripetere la scena fino alle lagrime) il buon dio del cinema non dà di matto, non fa il divo, è bonario, paziente, con la sua calma riporta tutto all’ordine e quel treno nella notte arriva finalmente alla stazione.
Truffaut nella parte di Ferrand è inesprimibile, la sua figura asciutta, elegante, mobile, sempre vigile ma senza pesare, è il regista che tutti vorremmo avere, se fossimo attori, l’uomo sereno che ama quello che fa e lo fa amare agli altri. Eppure il suo vissuto lo conosciamo, e i suoi film ce lo raccontano sempre perché ci considerava amici, noi in sala.
“Mi hanno rimproverato, a diverse riprese, di preferire il cinema all’esistenza reale: confesso che, anche da adulto, mi sarebbe difficile cambiare, vedere le cose in un altro modo. Credo che il cinema sia un miglioramento della vita, perché è straordinario”.
E cosa amava Truffaut più di ogni altra cosa? Il Cinema, “intervenire sulla realtà, non sempre attraente, trasfigurandola”.
La dedica a due grandi del cinema delle origini, Lilian e Dorothy Gish, il ragazzino che frequenta i suoi sogni e ruba i poster di Citizen Kane, i libri dedicati ai grandi del Cinema che scivolano fuori dal pacco appena arrivato, il titolo stesso che evoca scenari lunari, misteriosi e romantici, ma altro non è che un espediente tecnico per far sembrare notte anche di giorno a seconda delle esigenze delle riprese (la cosiddetta nuit américaine), tutto è vita e sua trasfigurazione, tutto è quello strano dispositivo inventato dai fratelli Lumière per un atto creativo puro nel suo farsi e divenire, è l’epica pervasiva e fiammeggiante di quella realtà/irreale che solo il cinema ha creato quando dalla pietra, dal papiro, dalla pergamena, dalla carta, l’ingegno umano, e la téxne che spesso gli è amica, trasferì il pensiero in materia visiva mobile.
“Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto potere”.
Il mondo a portata di poltrona vide nel 1973 “ per la prima volta al cinema il cinema”, raccontano le didascalie del primo trailer, “per la prima volta in un film quelli che fanno un film”, “per la prima volta la vita privata di quelli che non hanno mai una vita privata”.
Dimenticando Fellini di 8 ½, che, al contrario, Truffaut aveva ben presente: "Ho osato intraprendere Effetto notte solo perché 8 ½ si fermava 'prima' delle riprese e riguardava solo la preparazione di un film. Il mio è meno interiore. (...) Se nel film ci sono cose profonde, preferisco pensare che ci siano entrate mio malgrado".
Ed è così, le profondità e gli abissi della vita ci sono eccome, ma passano sulla scena come nella vita, trascorrono, scivolano, ci si ferma un attimo senza fiato, poi la corsa del treno riprende, si ripete la scena o si passa all’altra, tutto scorre, tutto si accumula alle nostre spalle e ripensarlo è vedere un film, un gran film se siamo stati buoni registi.
Vi presento Pamela è il titolo del film che si sta girando negli studi cinematografici "La Victorine" a Nizza. Alphonse,(Leaud) che si è innamorato dell'inglese Pamela,( Bisset) la sposa. Lei però si innamorerà del suocero (Aumont) con tragiche conseguenze perchè il figlio sparerà al padre in uno scenario invernale pieno di neve vomitata fuori come panna montata da enormi tubi. La neve servirà a coprire con la sua candida suggestione il cambio di attore perché Alexandre, il padre nel film, nel frattempo muore in un incidente d’auto.
Il film rischia di saltare e che si fa? Un trucco e via, mentre uno stuntman bravissimo vola via dalla macchina di Pamela che precipita in un burrone.
Sì, le esequie e le commemorazioni non mancano, il set sospende per un giorno, durano quel che basta, poi si va avanti, la vita preme, agli “Ammericani” importa poco.
Questo il plot, venti anni dopo Louis Malle metteva in scena la stessa storia in Damage facendo morire il figlio innocente, cosa ancora più tragica, preferiamo il finale di Truffaut.
“Faccio film per affascinare e stregare non per educare” rispondeva il regista a chi gli chiedeva perché non facesse film politici. E la domanda ricorre nei suoi sogni-incubo dove l’ironia tocca l’apice.
E se il gattino buono della scena clou, quando i due amanti, nuora e suocero, mettono la colazione fuori dalla porta della stanza del peccato, non vuole andare a leccare il piattino col latte, niente da fare, il microfono gli fa paura e la scena sta per saltare, non è politica se arriva il gatto grigio, arruffato, brutto e salva il film leccando beatamente tutto il latte?
Psicologia? Analisi comportamentale? Un mondo dove vincono i furbi?
Solo cinema, l’eterno e l’effimero a portata di poltrona in una sala buia.
“E’ strana la nostra vita, ci s’incontra, ci si ama, si lavora insieme, e poi…. “ sussurra in finale Valentina Cortese piena di riccioli neri.
E poi si riaccendono le luci, i pochi spettatori defluiscono in silenzio, un po’ storditi, un po' malinconici, e poi… si torna a casa.
Domani è un altro giorno, chi l’ha detto?
www.paoladigiuseppe.it
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta