Regia di François Truffaut vedi scheda film
E' il film che mi fece scoprire Truffaut e mi fece avvicinare al cinema europeo d'autore: lo vidi a soli 13 anni e fu una sorpresa graditissima, in grado di influenzarmi profondamente negli anni a venire nei miei gusti cinefili. Rivisto oggi lo amo ancora molto, credo sia uno dei suoi lavori più intimi e personali, certamente più leggero nella tenuta complessiva dell'opera rispetto ai tanti melodrammi della fase matura, forse con qualche notazione ovvia in certi sub-plot come quello fra Jean-Pierre Leaud e Jacqueline Bisset, ma comunque assai profondo e intelligente nella ricognizione metacinematografica in cui Truffaut si mette a nudo. Resta assai godibile il ritratto del dietro le quinte di un film, con attori, tecnici e regista caratterizzati finemente, ognuno con una propria ossessione, una nevrosi professionale che talvolta si traduce in brutte figure sul set (memorabile la scena degli errori di Valentina Cortese), ma che spesso passa in secondo piano di fronte alla magia che il cinema sa sempre trasmettere, anche e soprattutto a chi lo fa in prima persona. Molte le citazioni e gli omaggi ad altri registi da parte di Truffaut, un uomo che era letteralmente consumato dalla passione per il cinema: sono omaggi sinceri e non gratuiti alla settima arte e arricchiscono il film di uno speciale calore emotivo. E' un film che vi rimane dentro e aumenta il vostro coinvolgimento emotivo per il mondo della celluloide, dunque vivamente consigliato, da mettere accanto a pellicole come "Il disprezzo" di Godard e "Otto e mezzo" di Fellini nel genere del Metacinema di matrice autobiografica che resta un territorio scivoloso per molti registi, ma non per Truffaut.
voto 9/10
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