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Verso la gioia

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Verso la gioia

di FABIO1971
8 stelle

Sembri triste”.

Volevo prendere la luna con una rete, ma quando stavo per afferrarla è sprofondata giù”.

[Margit Carlqvist e Stig Olin]

 

Helsingborg. Una telefonata durante l'esibizione di un'orchestra, una tragica notizia per il violinista Stig sulle note dell'Inno alla gioia di Beethoven: l'esplosione di una stufa al kerosene, “Marta e la bambina hanno preso fuoco. Marta è morta, all'ospedale hanno detto che la bimba sta bene”.

 

La storia del matrimonio di Stig e Marta inizia in un giorno d'autunno di sette anni prima

 

Il venticinquenne Stig Ericsson (Stig Olin) è un violinista fresco di studi d'Accademia, si è appena trasferito in città per unirsi all'orchestra sinfonica diretta dal professor Sönderby (Victor Sjöström) e prepararsi al via della nuova stagione musicale, ha un alloggio di fortuna e neanche una corona in tasca. La sua nuova collega Marta Olsson (Maj-Britt Nilsson) ha un ex spasimante nell'orchestra, Marcel (Birger Malmsten), un passato complicato e un debole per Stig.

Poi una festa, una sbornia strepitosa, un regalo inaspettato.

 

L'autunno è iniziato

 

Una gita al mare, i sogni di Stig (“Vorrei mettere su un quartetto d'archi e girare il mondo”), le paure di Marta (“Vorrei seppellirmi così in profondità in modo che niente possa toccarmi”), i tormenti del passato.

Dopo Natale progettano di sposarsi, ma quando Marta, il giorno del matrimonio, rivela a Stig di essere incinta, sorgono i primi problemi: “Non voglio un figlio, io odio i bambini. Credi che sia un buon mondo in cui nascere? Preferisco l'estinzione!”. Ma si amano, superano crisi e incomprensioni, sperano in un futuro felice (“È una splendida sensazione avere tutto davanti a sè, non avere limiti”). Stig inoltre, grazie all'aiuto e agli insegnamenti del professor Sönderby, viene promosso primo violino e può finalmente a soddisfare anche le ambizioni di carriera: il debutto ufficiale, però, si rivela un fiasco. Le critiche sui giornali sono impietose (“Stig Ericsson debutta prematuramente nel concerto per violino di Mendelssohn. Sorprende che un direttore esperto come Sönderby non abbia impedito questo evitabile suicidio”), il morale di Stig è a pezzi. Litiga con Marta, esce di casa. Una passeggiata solitaria all'alba, un incontro fatale, seduti sui gradini di una scalinata, con un altro tipo mattiniero (“Insonnia...”), Mikael (John Ekman), già incontrato alla festa di compleanno di Marta. Un dialogo stralunato:

Stai sviluppando un personaggio? Un atto creativo?”

Niente affatto. Ho sentito Mendelssohn, ieri. Orrendo. Non potevo più dormire, dopo”.

Buon per te che la prendi così. Tu capisci...”.

Lo so da me. Il grande silenzio...”.

Perchè sogghigni?”.

Sogghignano tutti”.

Sono buffo io? O è una coincidenza?”.

Certo che sei buffo. Sei un fallito”.

L'uomo lo invita a bere una tazza di caffè in casa, una topaia (“Una volta era così lurida che è arrivato l'Ufficio d'igiene”) dove vive con la moglie Nelly (Margit Carlqvist), giovane e infelice. Poi, sulla strada di casa, Stig incontra Marta, si riconciliano. Diventano genitori di due gemelli, un maschio, Lasse, e una femmina, Lisa.

Agosto. Tre anni dopo

Stig, Marta, i loro due bambini nella nuova casa in riva al mare, ospite il professor Sönderby. Lo sguardo affettuoso e commosso del direttore d'orchestra sulla giovane famiglia.

Stig, sempre più inquieto, perde ambizioni e speranze di una carriera luminosa, tanto che lo stesso Sönderby gli consiglia di abbandonare definitivamente ogni velleità da solista e di non continuare a illudersi. A complicargli la vita, poi, ci si mette anche Nelly, la moglie di Mikael, alle cui avances Stig ha finito per cedere. Marta scopre il tradimento, il matrimonio naufraga. Poi si scrivono dopo qualche mese, si perdonano, tornano insieme.

Alcuni anni dopo

 

La tragedia.

Stig riprende a suonare nell'orchestra. Il figlio Lasse assiste seduto in prima fila all'esibizione del padre.

 

Verso la gioia, produzione Svensk Filmindustri come il precedente Sete, esce nelle sale a febbraio del 1950: le riprese del film, che risalgono all'estate del 1949, coinvolgono un Bergman in piena crisi sentimentale (un matrimonio che naufraga, una nuova relazione) ma in febbrile attività creativa (in quegli stessi mesi scrive anche la sceneggiatura di Un'estate d'amore). Un periodo movimentato e intenso e un film apparentemente sfortunato, stroncato impietosamente dalla stampa svedese, che evidentemente dopo opere spiazzanti e celebrate come Prigione e Sete si attendeva ben altra prova di maturità dal “giovane” Bergman, ma poi ripagato dalla pubblica consacrazione dei tanti, illustri estimatori della pellicola (Godard in primis). Perchè, pur nelle forme dell'operina lieve e apparentemente “minore” (e pur meno sorpendente di Prigione), Verso la gioia propone tutto il Bergman che è stato e che sarà, chiude un ciclo, rilegge, riassume, anticipa (i germi di Scene da un matrimonio), aggiorna: al di là della tragica vicenda di amore e morte narrata nel film, in termini di aspettative essenzialmente bergmaniane, di “appartenenza poetica”, regala conferme e sorprese, rielaborando e riproponendo la visione più cristallina possibile del “cuore” tematico del cinema dell'autore (almeno quello più artisticamente consolidato fino a quel momento), quel magma ribollente di temi, stili, feticci, di innovazione e sperimentazione tecnica e narrativa, di entusiasmo, coraggio e passione ormai padroneggiato dal regista svedese.

Il mare e l'estate, i treni (il viaggio di Stig per rivedere Marta), l'arte, la musica (in colonna sonora Beethoven, Mozart, Smetana, Mendelssohn-Bartholdy) e la gioia della musica (“Una gioia al di là di ogni comprensione”), il matrimonio, il desiderio di maternità, l'aborto, l'infanzia, i giochi dei bambini, la finzione (Marta che svela a Stig i segreti del suo passato: “Sono stata sposata, lo sai. Ma erano solo bugie e inganni. Così come ho ingannato molta gente sul lavoro: avevo un talento mediocre. Ho finto in ogni cosa per quasi tutta la mia vita”) e l'illusione (ancora Marta: “Credevo che le cose fossero diverse. Dovevo sapere che niente cambia... Tutto è sempre uguale”), il tradimento, l'inganno, l'infedeltà coniugale, il peso di un passato ingombrante, l'inquietudine e il malessere giovanile, l'ambiguità, l'egoismo, l'accenno, nell'analisi psicologica e nella rappresentazione del rapporto sentimentale, alla solitudine, alla paura, all'incomunicabilità, tematiche già affrontate da Bergman (soprattutto le prime due) nelle opere precedenti e su cui tornerà, con una lucidità e un rigore sempre più impressionanti, in quelle future. In Verso la gioia se ne trova traccia, ad esempio, nelle battute conclusive della discussione in casa tra Stig e Marta dopo la fallimentare esibizione in concerto, quando i tentativi della donna di placare la rabbia del marito si infrangono nell'ostilità più sconfortante:

Stig, che cosa dovrei dire? Che il concerto è stato bello? Che la stampa mente? Che il mondo ha torto? Dovrei consolarti e dirti che andrà meglio la prossima volta?”.

Non ci sarà una prossima volta, lo sai meglio di me”.

Io sarei felice di una cosa”.

Di che cosa?”.

Di andare alle prove alle 10, stamattina, di sedermi al mio posto e di fare il mio lavoro”.

Dimostra quanto sei mediocre. Vado a fare un giro, da solo”.

Posso venire con te? Ti prego!”.

Vado da solo, ho detto! Non ti voglio tra i piedi”.

Vai alle prove!”.

Non lo so, non sono affari tuoi”.

Non dovresti allontanarmi”.

Non dovrei fare molte cose”.

Certe cose sono più facili con qualcuno a fianco”.

Non è mai così, dentro sei sempre solo. Le tue sono soltanto chiacchiere sentimentali. Io sono solo, come sempre. Non c'è altro da dire”.

Perchè hai paura di me?”.

Paura? È ridicolo. Voglio che mi lasci solo, tutto qui. Addio!”.

E le consuete scelte stilistiche: la narrazione in flashback, scandita dall'avvicendarsi delle stagioni, la voce fuori campo, le ellissi del racconto, il frequente ricorso al piano sequenza (da quello, brevissimo, che introduce la festa di compleanno di Marta, a quello, più lungo, che accompagna Marta, sofferente per i dolori al ventre, da una stanza all'altra della casa) e ai primi piani (la già citata splendida sequenza della gita al mare), gli artifici e i contrappassi della trasfigurazione simbolica (il vasetto di smalto rovesciato al centro della tovaglia in casa di Mikael e Nelly, le note dell'Inno alla gioia che aprono e chiudono il film, le telefonate a Stig impegnato nelle prove dell'orchestra ad annunciargli sia - prima/dopo - la morte della moglie, sia - dopo/prima - la nascita dei figli), l'humour (l'ubriacatura di Stig durante la festa, i rimbrotti pungenti del professor Sönderby all'orchestra durante le prove), la rafffinatezza della scrittura, anche se alcune esemplificazioni drammaturgiche dello script non convincono fino in fondo, soprattutto nel tratteggiare i personaggi di Marcel (un “cattivo” bergmaniano riuscito a metà, ruolo affidato a Birger Malmsten: forse un errore di miscasting, considerata, rispetto all'effettiva consistenza della parte, la presenza scenica da divo nazionale dell'attore) e di Nelly (interpretata da una magnetica Margit Carlqvist) e nell'indugiare appena sull'ambiguità del triangolo Stig-Nelly-Mikael (esplorata, invece, molto più a fondo in passato, sia in Crisi che in La terra del desiderio).

E, infine, i virtuosismi della macchina da presa (splendida fotografia di Gunnar Fischer), l'impatto di alcune sequenze suggestive (la gita al mare di Stig e Marta, tripudio di primi piani sui due giovani innamorati seduti sugli scogli, oppure il ritorno a casa di Stig dopo aver accompagnato Marta in ospedale per il parto: l'ansia e la tensione per l'attesa cristallizzate in un lungo piano sequenza con cui la macchina da presa lo accoglie tra le mura domestiche, qualche passo in salotto, una finestra aperta, la vestaglia di Marta), l'apporto fondamentale del cast d'interpreti, a partire dalla performance superba di Victor Sjöström, che tornerà a recitare per Bergman nel 1957 (Il posto delle fragole), fino alla coppia di protagonisti, Stig Olin e Maj-Britt Nilsson, a John Ekman (al suo ultimo film: muore a novembre del 1949 senza poter assistere alla proiezione di Verso la gioia) e all'esordiente Margit Carlqvist (tornerà con Bergman in Sorrisi di una notte d'estate).

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