Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Berit (Nine-Christine Jonnson) tenta il suicidio gettandosi da una banchina nel porto di Goteborg ma viene salvata da Gosta (Bengt Eklund), che lì ci lavora. Inizia così il consueto incontro-scontro tra due giovani disadattati che faticano a relazionarsi nonostante ci sia attrazione, parzialmente per il fatto di essere osteggiati dalle persone che stanno loro intorno ed in parte per loro problemi caratteriali e di vissuto, che pesano come macigni.
Con 'Città portuale' Ingmar Bergman giunge al suo quinto film nel giro di soli tre anni - dal 46 al 48 - e, in pratica, non fa che trattare, con piccole variazioni, il tema portante della formazione di una giovane coppia, toccato fin dalla prima opera: è vero che questo è un tratto autoriale ma nello specifico la reiterazione non giova in termini di esito finale, ferma restando la consueta cura nelle inquadrature e nel bel bianco e nero di Gunnar Fischer - alla prima di dodici proficue collaborazioni con Bergman - e nella resa interpretativa, sebbene il duo Eklund - Jonnson non resterà certo tra le coppie memorabili nell'universo bergmaniano.
Più interessante della storia d'amore stessa, che vive di alti e bassi, di slanci e cadute rovinose, rimane, come sottolineato da più penne critiche dell'epoca, lo sguardo intessuto di realismo nelle riprese in esterni del porto di Goteborg, che rimanda sia al nostro Neorealismo ed ancor più ai francesi Carné e Duvivier. E' un peccato che tale ricerca stilistica occupi una parte così ristretta del narrato, concentrato invece in ansiogene riprese in interni.
Voto: 6 (v.o.s.).
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