Regia di Alf Sjöberg vedi scheda film
Jan-Erik Widgren (Alf Kjellin) è al quarto anno della scuola superiore: a poche settimane dall'esame di ammissione, però, a causa della severità del suo professore di latino (terrore di tutti gli studenti, che lo hanno soprannominato Caligola per i suoi sadici metodi di insegnamento, e disprezzato dallo stesso preside) e di qualche sua indubbia lacuna nella materia, rischia di veder compromessa l'intera annata scolastica. Insieme all'amico Sandman (Stig Olin), cinico e materialista, fantastica, in un locale notturno dopo una serata al cinema, sulle donne e sulla purezza dell'amore:
"Sono stanco morto! Sarebbe bello avere un letto come quello nel film. E una bella ragazza...".
"Tu credi?".
"Puoi scommetterci! Una tavola imbandita con cibo e vino, quel letto e una ragazza: non mi alzerei per due settimane, mangerei, dormirei e me la spasserei con la mia ragazza".
"Sei un vero materialista. Io la vedo un po' diversa: scriverò e suonerò il violino tutto il tempo, una volta fuori da questo posto orrendo. Quanto alle donne e a tutto il resto, me ne basterà una: una donna da amare".
"E ora non ne hai una? Che ne dici di Lena?".
"Non sono innamorato di lei".
"Innamorato? Sei pazzo! Non mi dirai che ne vuoi una pura e innocente?".
"Invece sì!".
"Ma non esistono".
"Davvero?".
"Tutte le donne sono sgualdrine. E, se non lo sono, vorrebbero esserlo: lo dicevano Nietzsche e Strindberg...".
Rincasando dopo la serata col suo amico, Jan incontra lungo il tragitto una ragazza, Bertha Olsson (Mai Zetterling), completamente ubriaca: la riaccompagna a casa ed ascolta il suo sfogo, in lacrime, per la paura di un uomo che, gli confessa, prima o poi "la porterà alla morte". Bertha lo prega di rimanere insieme a lei per la notte e Jan accetta, definitivamente sedotto dal suo fascino e dalla sua bellezza. Iniziano a frequentarsi e si innamorano, anche se entrambi sono costretti a vivere nell'angoscia i loro primi giorni insieme: Jan, infatti, che trascura gli studi, è continuamente vessato dal suo professore di latino, Caligola (Stig Järrel), mentre Bertha è sempre più terrorizzata dal misterioso uomo che la perseguita e che, in una sequenza meravigliosamente hitchcockiana (ed evidente omaggio al Murnau di Nosferatu), anticipato dalla sua ombra inquietante sul muro mentre Bertha e Jan si baciano sulle scale del pianerottolo, si introduce nell'appartamento di Bertha e rivela finalmente (allo spettatore) il suo volto: che è quello di Caligola. Quando Jan, dopo una delle prove scritte dell'esame di fine anno, si precipita a casa di Bertha, che trova nuovamente ubriaca e devastata da una notte di soprusi e violenze, esplode il dramma: Jan è furioso, si sente tradito perchè crede che la ragazza abbia, in realtà, un amante e, quando finalmente Bertha si convince a rivelargli ogni dettaglio della squallida vicenda in cui è imprigionata, finiscono per litigare:
"Mi ucciderà. Lui siede qui e gioca con il suo coltello a serramanico, parla a bassa voce, mi dice delle cose orribili. Sporche, cattive, orrende! Poi d'un tratto diventa nervoso e comincia a camminare per la stanza. Ha delle mani così orribili e bianche, con le dita pelose".
"Smettila di spaventarmi, non voglio sapere chi sia".
"Ma poco fa volevi...".
"Come mi sono cacciato in questa storia? Voglio essere lasciato in pace, santo cielo, sono stanco di tutto!".
"Anche di me?".
"Non lo so... È come se non ti avessi ancora conosciuta. E tu hai distrutto tutto. Meglio così, non voglio dividerti con nessuno".
Jan crolla psicologicamente sotto il peso di stress e tensioni, come sentenzia ai suoi genitori il dottor Nilsson (Hugo Björne), il medico di famiglia accorso a visitarlo:
"Petto scavato, vista affaticata dalla lettura, anemia e vite sessuali irregolari... Non è così strano, in realtà: tutto il giorno seduti, dalle 8 del mattino alle 4 del pomeriggio. E dopo hanno i compiti a casa: tutto ciò non ha senso. I piani di studio diventano sempre più difficili, i professori sono tutti uguali con gli studenti: se i ragazzi imparassero quel che gli si chiede, andrebbero al manicomio. Ma non sono così stupidi, i nostri cari giovani, e fanno quello che possono, con l'aiuto di qualche trucchetto, così si mantengono in buona forma diventando degli scansafatiche".
"Vuole dire che copiare e marinare la scuola sono giustificabili?".
"Certo che no. Ma è una vergogna che i ragazzi siano costretti a farlo per evitare il tracollo!".
"Dovrebbero imparare a vivere...".
"Sono d'accordo, ma dubito che i metodi di oggi lo permettano. Si prenda cura di suo figlio, lo faccia riposare un paio di giorni: sembra che abbia tutti i problemi del mondo sulle sue spalle".
La situazione precipita quando Jan, accorso nell'appartamento di Bertha per riappacificarsi con lei, trova sul letto il corpo senza vita della ragazza...
L'ingresso di Ingmar Bergman (qui anche assistente alla regia, con tanto di esordio dietro la macchina da presa per girare la sequenza conclusiva del film, aggiunta all'ultimo momento) nella storia del cinema è rappresentato dalla sceneggiatura da lui firmata per questo magnifico Spasimo, capolavoro assoluto, insieme a La notte del piacere (1951), di Alf Sjöberg e Premio speciale della giuria al Festival di Cannes: un torbido melodramma magicamente sospeso tra il Kammerspiel strindberghiano e le atmosfere lugubri ed inquietanti dell'Espressionismo tedesco, evocate dai magistrali e suggestivi giochi di ombre e luci della meravigliosa fotografia curata da Martin Bodin e dalla sapiente gestione dello spazio scenografico, cornice sempre più opprimente in cui lasciar consumare i corpi dei personaggi nel dolore che li tormenta. Lo script, redatto da Bergman nell'inverno tra il 1942 e il 1943 ed acquistato dalla Svensk Filmindustri su segnalazione di Gustaf Molander, si concentra su una vicenda di ribellione giovanile, senz'altro eccessivamente convenzionale, per veicolare la sua sferzante denuncia contro i dispotismi del sistema scolastico nazionale. In nuce, però, Bergman semina anche le sue prime riflessioni sulla società contemporanea (la critica alle aspirazioni materialistiche della Svezia del dopoguerra, affrontate, poi, molto più apertamente in Crisi, il suo esordio alla regia) e sulle dinamiche spietate che regolano i rapporti umani, metaforizzandone il simbolico assunto in una vicenda di oppressione esistenziale con più di un'analogia con le prevaricazioni e le atrocità del nazismo (neanche troppo velata, se si considera che il sadico professore di latino viene ritratto mentre legge il Dagsposten di Stoccolma, quotidiano nazionalista sovvenzionato dalla Germania). La purezza dell'amore giovanile, i drammi che travolgono l'universo femminile, vittima delle violenze di uomini volgari e meschini, la ricerca di una felicità possibile ma, nei fatti, utopistica, le eterne incomprensioni tra genitori e figli: non c'è nessuna speranza consolatoria in Spasimo, nessun raggio di luce che possa illuminare il grigiore di un futuro di sofferenza o delusioni, soltanto il ritratto, spietato e dolente, di un'umanità che, crollata sotto i colpi della guerra, rinasce sbandando tra ataviche contraddizioni sociali, irrisolti conflitti generazionali ed illusorie aspirazioni di benessere. Sjöberg affronta questa materia cupa ed incandescente concentrandosi sull'impeccabile raffinatezza dell'analisi psicologica e sulla smagliante ricercatezza formale della messinscena, affidandosi all'interpretazione intensa e sofferta del terzetto di protagonisti principali, con i futuri registi Mai Zetterling e Alf Kjellin nei panni dei due giovani innamorati ed uno straripante Stig Järrel in quelli del loro sadico aguzzino (ma si segnala anche l'ottimo Olof Winnerstrand in quelli del preside). Memorabili, infine, alcune straordinarie sequenze, a partire dal favoloso incipit nel liceo, con l'esilarante tentativo di un piccolo studente, in clamoroso ritardo per le preghiere del mattino, di sfuggire al controllo del professore lungo i corridoi e le scalinate della scuola, fino ad arrivare a quella, già citata, della "rivelazione" del volto del professore e ai brevissimi e suggestivi scorci in esterni (per un film girato prevalentemente in interni) della città, come nei due splendidi piani sequenza, separati soltanto da un fulmineo stacco di inquadratura, in cui la macchina da presa, montata sul carrello, segue prima la discussione in strada tra Jan e Bertha e poi accoglie l'arrivo in campo del professore accompagnandolo durante la sua conversazione con Jan. Uno dei capolavori fondamentali della cinematografia svedese.
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