Regia di Fred Schepisi vedi scheda film
Non si può non voler bene a un quartetto composto da Michael Caine, Bob Hoskins, Tom Courtenay e David Hemmings, soprattutto se sono costantemente riuniti intorno al bancone di un pub, e se tre di loro si mettono in viaggio con un barattolo contenente le ceneri del quarto per andarle a disperdere, com’egli ha chiesto, nel mare della stazione balneare di Margate. Ma la simpatia per questi quattro attori straordinari (e per gli altri, come Helen Mirren e Ray Winstone) e per il metodo del “non Metodo” tipico della miglior recitazione britannica non basta a sollevare L’ultimo bicchiere, diretto, sceneggiato e prodotto da Fred Schepisi, dalla noia serpeggiante, da un sottotono talmente ricercato e insistito da sconfinare nell’opacità, da quel certo formalismo compunto che è la tomba tradizionale del cinema inglese. E dire che il romanzo di Graham Swift da cui il film è tratto (Ultimo giro, vincitore del Booker Prize nel 1996) è tutt’altro che piatto, ma invece intriso di cattiveria e malinconia e molto articolato nei punti di vista e nell’ambientazione. Certo, è anche molto difficile da trasporre sullo schermo, dal momento che ogni capitolo parte dalla prospettiva di un personaggio diverso e che la quarantennale amicizia tra i quattro è ricostruita attraverso frequenti flashback. Ma il cinema ha esigenze diversissime dalla carta stampata, e forse Schepisi avrebbe dovuto affidarsi a uno sceneggiatore. Uno spreco, perché il testo di partenza e il cast erano ottimi.
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