Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
8/10: c'è una certa deviazione dall'opera letteraria, i figli che vengono annunciati ma non ci sono, le figlie che accompagnano Edipo nel suo esilio e qualche cosa d'altro. Lo spirito si mantiene paurosamente intatto almeno per come ho percepito io il testo scritto e il percorso di Franco Citti nel film. Mi pare inoltre di ravvisare altri possibili riferimenti a due opere abbastanza care al Pasolini interprete e letterato: per ciò che attiene all'incapacità di sopportare il peso del delitto il solito Raskol'nikov di FMDostoevskij, che del resto il regista aveva letto proprio in chiave edipica, ed il secondo testo nell'ambientazione Platonoviana e quasi evangelica che trovo leggendo il Dzan (anche lì, il distacco forzato nell'ambiguità del rapporto con la madre del protagonista). L'orrore del gregge abbandonato, divelto dalla fame e dalla belve solitarie e dalla paura, ricorda molto le scene della malattia degli uomini. Ben recitato, soprattutto da Silvana Mangano, e sceneggiato con buona oculatezza, il film concede un piccolo spazio ad un'abbastanza esplicita comicità nelle scene che precedono l'omicidio del padre. In alcuni punti, come è stato rilevato, questo Edipo pare quasi un album fotografico, divese istantanee puntate su cose che (e questo fatico a capirlo) sono lo scenario naturale di tutto il resto della narrazione. Talora Pasolini inserisce qualche piccolo omaggio al cinema muto, che non abbia voluto magari inserire un terzo incomodo cronospaziale fra l'età antica e la contemporaneità bolognese (il Ninetto Davoli recente io lo avrei chiamato Teseo). Il rapporto dell'uomo col destino, il dilemma della volontà e del libero arbitrio, del divino e dell'ispirazione mi pare si inseriscano bene nel protestantesimo (?!?!) di Pasolini.
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