Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Uno dei film più maturi di Antonioni, soprattutto dal punto di vista formale: non è tanto la scarna vicenda a contare, quanto l'analisi di situazioni, sentimenti, stati d'animo, condotta con mezzi squisitamente cinematografici e risolutamente moderni. Può apparire noioso e pesante solo a chi non è disposto a compiere un piccolo sforzo per accostarsi a un'opera di un certo impegno, ma è assolutamente raccomandato a tutti gli altri. Ottima ambientazione nel quartiere romano dell'Eur (la capitale è filmata come una città priva di glamour, con architetture che spesso imprigionano i protagonisti), diverse sequenze memorabili fra cui quelle ambientate in Borsa con i rituali demenziali degli scommettitori e il finale di tono quasi astratto che resta una delle scene più originali e suggestive del cinema di Antonioni, dove i luoghi frequentati dai due protagonisti diventano in loro assenza quasi un simbolo stesso della difficoltà di sopravvivere nella società contemporanea. Sia la Vitti che Delon se la cavano molto bene, lei nell'ennesimo ruolo di donna infelice e insoddisfatta e lui in quello di un ragazzo fin troppo materialista che non riesce a comprenderla nel profondo, causando il fallimento della loro relazione. Resta, comunque, un'analisi molto pessimista della precarietà dei sentimenti e dell'alienazione contemporanea: è innegabile che dalle immagini del regista trasudi una sensazione di solitudine affettiva, di male di vivere quasi montaliano. Insieme a "L'avventura" il migliore della celebre "trilogia dell'incomunicabilità" che diede fama internazionale al regista, e comunque uno dei suoi capolavori, uno dei suoi lavori che più hanno contribuito a un'innovazione del linguaggio cinematografico negli anni Sessanta.
voto 10/10
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