Regia di Nicholas Ray vedi scheda film
Tra i capolavori di Nicholas Ray, con uno straordinario (come sempre) Humphrey Bogart.
Dixon Steele (Humphrey Bogart), uno sceneggiatore in crisi, è sospettato dell'omicidio di una guardarobiera ma viene discolpato dalla testimonianza della sua vicina di casa Laurel Gray (Gloria Grahame).
L'amicizia tra i due pian piano si trasforma in amore ma quando Laurel viene a conoscenza del temperamento violento e aggressivo di Dixon inizia a dubitare della sua innocenza e il loro rapporto inizia a deteriorarsi. E l'imprevisto è dietro l'angolo...
Uno dei primi capolavori di Nicholas "Nick" Ray, grande autore riscoperto e rivalutato dai critici francesi dei "Cahiers di cinéma", che ebbero tra l'altro il merito di riconoscere per la prima volta il valore dei film di Alfred Hitchcock, Howard Hawks, Anthony Mann, Fritz Lang, Robert Aldrich e molti altri cineasti all'epoca ingiustamente snobbati.
"Il diritto di uccidere" si presenta apparentemente come un giallo, con tanto di omicidio e con i sospetti che ricadono sul protagonista; ma in realtà il delitto è soltanto un pretesto per innescare l'azione, una specie di "MacGuffin", come lo avrebbe chiamato Hitchcock: quello che veramente interessa a Ray è il ritratto del protagonista e della sua indole, la quale lo condurrà inevitabilmente alla "sconfitta".
Dixon Steele è una figura complessa, un uomo irruento e solitario, di grande talento ma soggetto a improvvisi accessi di violenza che non riesce a controllare e che gli hanno procurato una cattiva fama. Dixon è un uomo fuori dal comune, "è dinamite", come dice il suo amico Mel, "e di tanto in tanto ha bisogno di esplodere".
Il film mantiene volutamente fino alla fine una certa ambiguità sul personaggio di Steele, innescando il dubbio nel personaggio di Laurel e automaticamente anche nello spettatore: Dixon è soltanto un tipo un po' "originale" oppure è un violento omicida? La tensione nasce proprio da questo interrogativo.
I toni leggeri che caratterizzano la prima parte del film lasciano infatti spazio nella seconda parte ad una progressione drammatica inarrestabile, che culmina in un finale spiazzante e senza speranza: è evidente che Ray intendeva rompere definitivamente con i canoni hollywoodiani.
Eccellente la sceneggiatura di Edmund North e Andrew Solt, che contiene una celebre battuta che riassume perfettamente il travagliato rapporto tra Dixon e Laurel: "Nacqui al suo bacio, morii quando mi lasciò, vissi finché ebbe vita il suo amore."
Grande merito della riuscita del film va comunque attribuito all'indimenticabile interpretazione di "Bogey", straordinario nell'alternare momenti di totale tranquillità ad altri di incontrollabile furia, nei quali sembra quasi spiritato (basta guardarlo negli occhi).
E non bisogna poi dimenticare la magnifica Gloria Grahame, all'epoca moglie del regista e il cui ruolo doveva essere inizialmente affidato a Lauren Bacall.
Il film fu prodotto dalla casa indipendente di Bogart, la Santana Productions, e non riscosse il successo sperato: ma ci ha pensato il tempo a rendere giustizia a questo capolavoro.
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