Regia di Carlos Sorin vedi scheda film
Tre storie intrecciate e ambientate in Patagonia, dalla campagna verso la città. Il vecchio Don Justo, che ha uno sperduto emporio sulla strada, scappa di casa verso la città, dove pare abbiamo avvistato il suo cane scomparso. Roberto, commesso viaggiatore, affronta un lungo viaggio (forse di lavoro, forse d’amore) in compagnia di una torta a forma di pallone. Maria Flores, timida abitante di un villaggio, affida la sua fortuna alla partecipazione a un gioco a premi. Sorin, quasi vent’anni fa, si era fatto notare a Venezia con un film fin troppo abile e ruffiano, La pelicula del rey, e anche in questo film rimane fedele a un’ispirazione che trae nutrimento dalle atmosfere del ”realismo magico“ di tanta letteratura argentina, rendendolo meno aspro, più blandamente ”lunare“. Ci si annoia poco, alcune gag sono vivaci, i luoghi suggestivi, i dialoghi ineccepibili e insomma il film si lascia guardare. Ma gli ingenui, i buffi e i sognatori di questo film sono figure letterarie straviste, e il film (anche rispetto a certe punte sorprendenti del cinema argentino recente) sa un po’ di vecchio.
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