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Gallina nel vento

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

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La recensione su Gallina nel vento

di port cros
8 stelle

79ma MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA 2022 – CLASSICI RESTAURATI

 

In un quartiere popolare sorto all’ombra di un imponete gasometro, Tokiko aspetta col figlioletto Hiroshi il ritorno del marito da anni arruolato nell’esercito. Un’improvvisa malattia del bambino richiede un costosa ospedalizzazione, che la donna decide di pagare con un unico servizio presso la locale casa di appuntamenti gestita dalla signora Orie. Hiroshi si rimette completamente, ma a Tokiko rimane il peso della cattiva azione commessa per necessità. Quando il marito Shuichi finalmente rientra a casa, l’idillio familiare ritrovato è ben presto rotto dalla confessione che, contro i consigli dell’amica, Tokiko non riesce a non rendere al coniuge con cui non vuole avere alcun segreto. L’uomo resta sconvolto dalla rivelazione, non riesce a rassegnarsi al fatto che la moglie sia caduta così in basso. Per capire meglio si reca lui steso al casino, dove conosce una ragazza che vi lavora, comprendendo che si tratta anche in quel caso di una brava persona costretta dalle necessità economiche.

 

La delicatezza con cui è messo in scena questo incontro è quantomai rivelatrice del profondo umanesimo di Ozu, che in questo dramma familiare con rimandi neorealisti riesce ancora una volta ad emozionarci profondamente costruendo con empatia tutti i suoi personaggi e non rinunciando ai punti fermi del suo stile: la solita macchina da presa fissa (unica eccezione una breve scena quando la vediamo precedere e seguire la nervosa camminata del marito) e la consueta attenzione per il dettaglio solo apparentemente casuale. Quante volte ritorna lo sguardo di Ozu sulle ripide scale nell’appartamento? quante volte ci fa vedere Tokiko che le sale svelta? poi il primo scoppio di rabbia di Shuichi lo vedrà scagliare una lattina che rotola per quelle stesse scale, la cui vera importanza cruciale scopriremo appieno quando diventeranno protagoniste del drammatico finale. In una scena di intensità violenta inedita per il pacato Ozu, Shuichi in un accesso di rabbia spinge Tokiko giù dalle scale, sui cui gradini la donna cade rovinosamente, per poi faticosamente risalirli, dolorante e zoppicante, per inginocchiarsi agli occhi dell’uomo, che solo allora comprenderà la necessità di lasciarsi le incomprensioni alle spalle per ricominciare una vita insieme. Certo che un atto di violenza domestica diventi l’occasione per capire che c’è ancora amore in una coppia è qualcosa che la sensibilità contemporanea ha difficoltà ad accettare: ma il film è del 1948, per favore cerchiamo di guardare all’arte nel suo contesto storico e culturale.

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