Regia di Peter Anthony vedi scheda film
Eccellente documentario anche nella angosciosissima ricostruzione di finzione di quella notte cruciale per i destini del Pianeta, e di regista e produzione danesi-qualche anno fa ancora tra i "Paesi meno allineati"- del cosìddetto "Incidente dell'equinozio d'autunno" , avvenuto il 26 settembre 1983. Un anno di massima tensione come adesso della Guerra Fredda, e nel mese in cui i Sukhoi sovietici abbatterono un 747-230 passeggeri della Korean Airlines, che aveva sconfinato nei cieli dell'U.R.S.S.
Stanislav Evgrafovi? Petrov, l'ufficiale delle truppe di difesa aerea Vojska PVO quella notte di turno al sistema radar di rilevamento precoce di attacco nucleare dell'Unione Sovietica, e il cui computer segnalò inavvertitamente per un errore-vedremo poi perché- un lancio di missili balistici intercontinentali USAF Minuteman da alcune basi negli Stati Uniti, ma Petrov non si perse d'animo e anzi prese di testa sua delle decisioni di enorme saggezza e prudenza, in un momento di estrema, indicibile tensione e angoscia, poderosamente schiacciante responsabilità, identificandoli come esattamente furono dei falsi allarmi, e senza dare quindi l'allarme alla catena di comando del Politburo con il mutuo contrattaccare della dottrina MAD, scatenando cosi con buona probabilità l'apocalisse atomica.
Non essendo incentrato su Greta e i gretini di Thunberg, o sui gay pride ma addirittura interamente sopra alla figura anche privata di vedovo per via di un tumore, solitario e dimenticato eroe russo, perdipiù un tenente dell'esercito sovietico quindi totalmente al di là oramai dei premi paludati da agenda progressista politica e menù presentato della stessa, come oggettivamente si vede nei festival europei allineati, non poteva essere altresì molto noto e premiato.
Lo testimonia la pressoché totale mancanza di recensioni italiane, e visibilità nel nostro Paese, se non ai fan di Kevin Costner. Che compare come sè stesso e ''attore preferito di Petrov", che lo incontra con la spontanea e reciproca emozione di entrambi in un viaggio di conferenze e per la consegna di una onorificenza nel 2013 negli Stati Uniti, accompagnato da una giovane interprete russo-americana, e centro del film, e la sua parte migliore.
Il documentario non indugia anche nel mostrare i lati peggiori del carattere di Petrov, certe sue asperità derivate probabilmente dal lungo e terribile cancro della accudita moglie, dal suo essere rimasto poi solo ancora non anziano, in un piccolo appartamentino di un palazzone tipicamente sovietico, il suo non essere stato affatto promosso ed elogiato dalla gerarchia militare sovietica, per non essersi attenuto alla procedura in quella notte che poteva essere fatale.
Tanto che venne mandato in pensione senza neppure lo scatto a colonnello, e il rapporto inesistente da tanti anni con una madre ancora viva e definita come snaturata, che invece ci sarà nel finale con riconciliazione e chiarimento tra le lacrime, nell'unico cedimento a un certo tono da De Filippi, che stona con la serietà anche aspra che lo ha preceduto.
John Nada
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