Regia di Edmond Budina vedi scheda film
Se vi dicessero che esiste un uomo, attore, regista e intellettuale tra i più vitali nella vita politica e sociale albanese, prima falcidiato dai comunisti e poi dimenticato dal governo italiano al punto che ora fa l’operaio assemblatore di turbine idrauliche in una fabbrica di Bassano del Grappa, ci credereste? Dovreste, comunque. Quest’uomo si chiama Edmond Budina e Lettere al vento non è tanto la sua storia, ma una delle mille e mille tragicamente consumatesi negli ultimi dieci anni tra quel lembo di acqua che divide l’Albania dall’Italia; e tra le macerie di una democrazia nuova e fragilissima, ancora incapace di crescere, di superare e superarsi. Certo, l’opera è forse qua e là ingenua, e il suo immaginario si nutre troppo di esplosioni kusturiziane e poetismi alla Tonino Guerra. Ma la sincerità con cui Budina, tra ovvie difficoltà e forzate indecisioni cinegrammaticali, propone e si ripropone, la sua forza, la sua pulizia morale, la sua etica fanno passare in secondo piano le “contraddizioni” di un film che andrebbe proiettato nelle scuole e, soprattutto, sui muri dei consigli comunali di molte città del Nord. Un “fegatello” di Lamerica di Gianni Amelio, che fa tornare alla mente – e non rare volte – il neorealismo di Vittorio De Sica.
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