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Rebel Ridge

Regia di Jeremy Saulnier vedi scheda film

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La recensione su Rebel Ridge

di mck
8 stelle

“Il tuo avere ragione non ci mette nel torto.”

 

«Bad Day at “Rebel Ridge”» (ma, forse, senza manco un morto ammazzato), questo «"the Rainmaker" action», l’un po’ taylorsheridanesco quinto lavoro scritto, diretto (col solito polso fermo) e montato dal Jeremy Saulnier di “Murder Party”, “Blue Ruin”, un’opera potente e forse la sua migliore, “Green Room” e “Hold the Dark”, l’unico suo film tratto da un soggetto preesistente e – se si escludono “the Great War and Modern Memory” e “Kiss Tomorrow Goodbye”, ovvero i primi due episodi della terza stagione di “True Detective – non sceneggiato da lui (ma dall’amico e sodale di sempre Macon Blair, che invece qui co-produce esecutivamente), espone una cosa chiara e semplice, limpida ed essenziale, cristallina ed elementare: a Rambo Burocratico (e a Serpico Sgamato) non dovete cagare il cazzo.

 

 

- È legale?
- Beh, è una legge.

- Sai, il signor Liu era medico da campo in Corea.
- Oh… Grazie per il suo servizio, signore.
- È cinese. Combatteva dall’altra parte.
- Beh… È bello alla fine ritrovarci tutti insieme!

- Non so più a chi sparare!
- Allora smetti di farlo!

Aaron Pierre (“Krypton”, “Old”, “the Underground Railroad”, “Brother”, “Foe” e “Genius”, in zona John David Washington e Michael B. Jordan: sì, essendo io bianco devo per forza paragonare un attore nero con altri attori neri più o meno della stessa generazione: per i cerebro esenti: no, ovviamente no: basta sostituire “bianco” con “coglione”), che ha sostituito in corso d’opera John Boyega nel ruolo del protagonista assoluto (e non è l’unico travaglio subìto dalla produzione durante le riprese), se la cava, coadiuvato da un resto del cast molto valido capitanato da un lansdale-mccarthyano Don Johnson (Miami Vice, Nash Bridges, Django Unchained, Cold in July, Brawl in Cell Block 99, Dragged Across Concrete) con AnnaSophia Robb (“the Act”), Emory Cohen (“the OA”, “the Wolf Hour”), David Denman (“Mare of Easttown”), Zsané Jhé, Steve Zissis, il caratterista di lungo corso Dana Lee e il grande James Cromwell (L.A. Confidential, Space Cowboys, Six Feet Under, the Laundromat, Sugar).

 

 

Ottimo il comparto tecnico-artistico: fotografia di David Gallego (“El Abrazo de la Serpiente”) e musiche dei collaboratori di sempre Brooke & Will Blair.

Bellissimo il tribunale (palazzo di giustizia) di Vernon Parish (si fiuta benissimo nell’aria che si respira lungo i suoi portici a colonnato quella fragranza tipica emanata delle Jim Crow Laws), e da sottolineare il fatto che le “catacombe” (nelle quali si dovrebbe sentire un altro odore, quello della Storia con la “s” maiuscola) praticamente hanno l’età delle fondamenta di casa mia.

“Il tuo avere ragione non ci mette nel torto.”

* * * ¾ (****) - 7.75   

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