Regia di Jeremy Saulnier vedi scheda film
Come hanno detto tutti è un non dichiarato e forse neanche tanto gradito "rifacimento" adattatosi ai tempi di "bonificazioni" intellettuali targate Netflix, quindi in chiave BLM e Antifa(si parla difatti anche di "riforma delle forze di polizia" e "tagli di fondi" governativi per la stessa) di "Rambo"(ma come pure dell'immortale "Giorno maledetto"(Bad Day at Black Rock)(1955)di John Sturges), con il monumentale britannico nero Aaron Pierre protagonista(che ha sostituito l'originale John Boyega, qualcuno dice per dissidi sulla sceneggiatura), intenso e in sottrazione, non così cattivo attore come detto da molti, e il suo curriculum teatrale di spessore e provenienza, evidenzia.
E' in sottrazione però anche ogni possibile coinvolgimento dello spettatore per la scelta del buon Saulnier di "Blue Ruin", "Green Room", "Hole in the Dark",buono ma quasi mai esaltante, di prosciugare il classico racconto di prevaricazione e abusi polizieschi su di un nero con una preparazione pregressa nell'esercito e nel ju-jitsu grosse così, da parte delle corrotte e fondamentalmente sempre razziste autorità poliziesche. e dello sceriffo di una piccola cittadina dell'Arkansas, il cui capo Sandy Burnne è nientedimeno che Don Johnson,da ogni possibile spargimento grafico di violenza e sangue, se non nell'ultimo quarto d'ora, e addirittura sparando effettivamente pochissimi colpi d'arma da fuoco.
Il tutto grazie sempre alla granitica presenza di spirito, iniziativa, scaltrezza, e monumentale sangue freddo del supernero Terry Richmond/Pierre, ovviamente pure onesto e uomo retto, che neppure finisce a letto con la minuscola biondina AnnaSophia Robb/Summer McBride impiegata del tribunale locale, tossica "coperta" e con un figlio in affidamento parentale, unica che per osmosi (ma si unirà anche la giovane poliziotta dello sceriffo Zsane Jhe/Jessica Sims, bassa e chiatta, sottovalutata da tutti i maschi bianchi quindi ovviamente nera, e al solito retta, seria e onesta) dei suoi problemi aiuta il protagonista, in una delle tante sottotrame che allungano come di consueto nelle produzioni Netflix di troppo il brodo, rendendolo spesso quantomai piatto, sciocco e prolisso, per infatti stiracchiatissime- soprattutto nella parte centrale- oltre due ore di durata.
Purtroppo così facendo si leva ogni sapore dei bei tempi ma anche di oggi, un pò come paragonare gli hamburger e le polpette vegetali, a quelle di buona e succulenta carne di manzo o di maiale, e rischiando in diversi punti persino il ridicolo involontario per la troppa improbabilità delle situazioni e delle modalita di reazione dei poliziotti in gran numero contro un uomo solo oltretutto con la classica pessima mira, e di fare quinbdi un film di vendetta al maschile e contro le autorità poliziesche costituite e traffichine, responsabili indirette della morte in carcere del cugino del protagonista, in un PG-13.
Dimostrazione vistosa delle carenze in fase di sceneggiatura(John P. Goldsmith, Ryan Warren Smith),
che hai un fuoriclasse oltretutto in ottima forma come Don Johnson, sempre ottimo pure come cattivo della situazione -e ha dimostrato di recente nei film del ben superiore S. Craig Zahler-, e praticamente lo fai sparire per quasi 50' di film, facendolo solo ricomparire nel finale precipitoso donpo due ore e convulso, d'azione.
Fatto sparire, dopo che era stato il co-protagonista fin lì della migliore sequenza, quella della prima colluttazione di Richmond nel piazzale del comando di polizia, con anche Emory Cohen l'agente Steve Lann, nello stesso momento in cui gli sbirri scoprono via Google dalle sue generalità, le capacità reali e la preoparazione nella sua pericolosità del misterioso straniero contro cui si sono messi.
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