Regia di Jeremy Saulnier vedi scheda film
Un dialogo franco potrebbe prevenire un sacco di problemi. Chiaramente, questo è possibile esclusivamente quando tutti i chiamati in causa accettano di sedersi attorno a un tavolo con la reale intenzione di cercare una soluzione proporzionata, un compromesso plausibile tra richieste e rinunce, tale da soddisfare le parti, sotterrando così l’ascia di guerra ed evitare pericolose derive/escalation. Un punto d’incontro difficile da scovare, soprattutto quando un contendente si sente nettamente più forte dell’altro ed è abituato ad agire indisturbato, con le spalle coperte e il coltello impugnato dalla parte del manico.
Anche per questa categoria di elementi, solitamente poco raccomandabile, arriva il momento di incrociare i guantoni con un underdog, un individuo che giunge dal nulla e a fari spenti, capace di squadernare - di punto in bianco - le carte in tavola.
Rebel Ridge si affida a cromosomi di cristallina nitidezza, che Jeremy Saulnier plasma/calcifica con accentuata personalità e rara destrezza, richiamando pellicole e caratteristiche consolidate, riuscendo in una specie d’impresa, ossia creare un complesso filmico battagliero e pungente, perfettamente in grado di reggersi e viaggiare sulle proprie gambe.
Mentre si sta recando in tribunale per versare la cauzione necessaria per liberare il cugino, Terry Richmond (Aaron Pierre – The Underground railroad, Brother) viene aggredito senza motivo da due poliziotti, che gli sequestrano tutti i soldi in suo possesso.
Terry cerca di venire a capo della situazione parlando direttamente con Sandy Burnne (Don Johnson – Miami Vice, Cena con delitto), il capo della polizia locale, senza trovare alcun riscontro e qualsiasi suo successivo e pacifico tentativo s’infrange contro un muro, potendo contare solo sul supporto di Summer McBride (AnnaSophia Robb – Un ponte per Terabithia, C’era una volta un’estate), una donna del posto che, per esperienze pregresse, capisce in quale corridoio angusto e senza ritorno si sia infilato.
Quando suo cugino viene ucciso appena entrato in prigione, Terry non può fare altro che andare fino in fondo, contando solo sulle sue competenze per scoperchiare un sistema corrotto, che merita di essere debellato/smantellato alla radice.
Scritto, diretto e pure montato da Jeremy Saulnier (Blue ruin, Green room), Rebel Ridge è la seconda collaborazione dell’autore statunitense con Netflix dopo il mezzo passo falso di Hold the dark. Si può tranquillamente parlare di un riscatto in piena regola, per un prodotto insolitamente serio/disciplinato, sia per la piattaforma che lo ospita, sia per la tipologia di racconto che snocciola.
Nella fattispecie, tra azione e thriller, poliziesco e un terso retrogusto western, il tutto condito/scandito da note pregne di ingiustizie avvilenti e vendette da consumare (ma non fini a se stesse), Jeremy Saulnier allestisce un dispositivo con il petto in fuori, che entra subito nel vivo piazzando le bandierine per poi allagarsi a macchia d’olio, attuando una identificativa politica dei piccoli passi, nella quale tanti dettagli, anche quelli di primo acchito minori, assumono significati specifici e gli aggiornamenti risultano puntuali, nonché enunciati con continuità/accuratezza, aggiunti senza farsi mai prendere dalla frenesia.
Ne esce fuori un piano inclinato quanto basta per non concedere ripiegamenti, per uno scontro frontale degno di un braccio di ferro, con i fronti del bene e del male divaricati alla massima potenza (qualcuno potrebbe obiettare, anche un po’ troppo, e non potrei dargli torto), con biechi/sprezzanti abusi di potere contrapposti a un’inamovibile volontà morale, fino a una redde rationem tanto attesa quanto inevitabile, comunque sia a perdifiato e senza un decimo di secondo di troppo (vedasi gli ultimi frame, essenziali come di rado succede).
Al netto di occasionali infrazioni e di qualche prolungamento, presenti soprattutto nella fase centrale, Rebel Ridge è un film lineare e sostanzialmente sobrio, che funziona in maniera egregia/professionale, annoverando una messa in scena compatta/quadrata e volti pertinenti anche nelle seconde linee (Emory Cohen, Steve Zissis, James Cromwell), mentre la disputa inscenata guadagna un ragguardevole vigore dalla presenza scenica di Aaron Pierre e dalla postura impeccabile di Don Johnson, senza scordare una coinvolgente e commovente AnnaSophia Robb.
In poche parole, Rebel Ridge modella archetipi di routine (con rimandi a Rambo e Reacher – la serie, tra gli altri), ricavandone un’incidenza polifunzionale, non perde mai il polso della situazione e sa interloquire con un pubblico diversificato senza far nemmeno intravedere per un attimo l’intenzione di svendere l’anima al diavolo. Con pochi fronzoli (ad esempio, altri avrebbero sfruttato in malo modo il rapporto tra Terry e Summer) e una balistica che non lascia quasi nulla al caso, mantenendo il sangue freddo e una presa solida, utilizzando gli strumenti del mestiere a modo suo e regolando – dal prologo fino alle battute finali - il numero di giri del motore.
Tra circuiti chiusi da scardinare e fattori esterni debordanti, opzioni da vagliare e tackle durissimi, lume della ragione e colpi sotto la cintola, armi impari (in ogni senso) e cariche esplosive, sistemi guastati e cani sciolti, torto e ragione, fermezza e furia.
Una piacevole sorpresa.
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