Regia di Alessandro Paci vedi scheda film
Fratello povero delle altre vittime del fallimento Cecchi Gori (Sergio Rubini, Paolo Virzì), l’esordio del povero Alessandro Paci esce buon ultimo e senza alcuna speranza di successo. Era il tentativo di cavalcare l’ondata di successo di Leonardo Pieraccioni (ve lo ricordate?) raschiando il fondo dei comici toscani. Si era imbastita una storia alla meno peggio (un giovanotto riceve una eredità, rinnega gli amici del baretto e la fidanzata per amici cattivi e una biondona, e poi truffato ritorna dai vecchi compagni per organizzare una vendetta), si erano prese bellone da rotocalco e musiche di stagione. Insomma, tutto era pronto per un normale orribile film di successo. Chissà, magari non sarebbe neanche andato male. Invece, basta fermarlo un po’ nei magazzini, e arriva nelle sale decimate dall’estate precoce un oggetto precocemente desueto: perché Flavia Vento hai voglia i topless e le guépieres ma non è più la bellona dell’ultimora, Neffa che canta La mia signorina è già revival, Pieraccioni ce lo siamo dimenticato e i personaggi che pagano in lire fanno effetto “film in costume”. Il film diventa così un monumento alla cialtronaggine italica, il vintage di se stesso. Struggente.
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