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Aliens. Scontro finale

Regia di James Cameron vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Aliens. Scontro finale

di SredniVashtar
8 stelle

Meglio del primo, e non era facile.

Aliens –Scontro finale (che finale non sarà) rappresenta l’apoteosi della fs cinematografica d’azione, quella in cui è bene non chiedersi come né perché ma soltanto quanto. E qui il quanto si spreca, sviluppando tramite moltiplicazione ed elevazione a potenza le idee presenti nel capostipite, fino a un ipertiroidismo dell’Azione e della Minaccia, della Fedeltà e dell’Ipocrisia. Come già detto (da me) a riguardo di Predator, siamo all’epica, nella variante spaziale/di conquista.

 

Non occorre descrivere la trama di Aliens ma vale piuttosto la pena soffermarsi sui topoi che ne garantiscono la completezza sotto il profilo della tragicità classica. L’umano ingegnoso (Ulisse) è incarnato in Sigourney Weaver/Ripley, come sempre posta in contrapposizione al lato deteriore dei suoi simili, rappresentati da due categorie: il traditore (Efialte Reiser) e l’hybris di chi si crede invincibile (i marines). La pellicola narra l’intera storia dell’Eroe, dalla sua ri-nascita (e quindi infanzia) in un letto d’ospedale, debole e spaesato in un mondo nuovo e sconosciuto, alla fase di apprendimento (a bordo della nave), fino alla consapevolezza/maturità con conseguente capacità di giudizio e discernimento e alla successiva morte (l’ibernazione finale, a missione compiuta). Nella sua parabola, l’Eroe deve ridefinire le categorie di alleati e nemici rispetto all’ingannevole apparenza: chi sembra buono e non lo è, chi sembra forte, chi sembra un nemico e invece si rivela una risorsa. Non manca la maturazione fisiologica: Ripley diviene “mamma” (della bambina Newt) e come tale sarà disposta a difendere ad ogni costo la propria creatura contro la minaccia aliena (la scena di “Stà lontana da lei, maledetta!”). In proposito, è interessante osservare che in Aliens c'è l’unico momento di confronto emotivo e culturale tra alien e umani di tutta la saga: Ripley e la regina aliena “si capiscono e riconoscono”, sia pure in modalità antagonista, cosa che non accadeva in Alien e non accadrà più.

La pellicola presenta un ottimo equilibrio tra i momenti di calma e quelli di pura azione, utilizzando anche numerosi siparietti (tra i marines) che servono a scandire i tempi della crescente tensione.

 

Va doverosamente osservato che il film che passa in tv è una versione ridotta: in quella estesa – forse troppo lunga – alcuni salti logici vengono invece spiegati nei particolari (come sono arrivati nella colonia, gli alien? chi è la bambina superstite?).

 

Il cast, senza essere stellare, è di rilievo: oltre alla Weaver c’è Michael “Terminator” Biehn, il sempre scanzonato Bill Paxton (R.I.P.), Lance Henriksen/Bishop (che con Aliens ha fatto 13), l’ineffabile Paul Reiser/Burke e la lesbo-icona Jenette Goldstein/Vasquez, tutti più che buoni caratteristi. James Cameron (regia), che si sostituisce a Ridley Scott di Alien, conosce bene il proprio mestiere.

 

Per l’aver mantenuto tutte le premessepromesse della vigilia (e non era facile, dato il capostipite), il mio voto è 8.

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