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...e poi lo chiamarono Il Magnifico

Regia di E.B. Clucher (Enzo Barboni) vedi scheda film

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La recensione su ...e poi lo chiamarono Il Magnifico

di scapigliato
8 stelle

L’inventore di Trinità, e quindi della commedia western, affila le armi e continua il successo della sua creatura anche senza il produttore Zingarelli e senza Bud Spencer. Tornano invece Terence Hill, Riccardo Pizzuti e tutti i grandi cascatori dell’epoca. Per i più è un film che fa acqua da tutte le parti, in cui non è nemmeno riconoscibile la mano del regista. Credo invece che nonostante una regia poco personale, Barboni abbia saputo estrarre monete d’oro da un sacco di carbone. Effettivamente, come succederà in futuro, i tentativi di sostituire all’occasione il personaggio-attore Bud Spencer, il personaggio-attore Terence Hill e chiaramente la coppia alla Bud & Terence, sono parecchio patetici ed inutili, perchè fanno giusto rimpiangere la perfezione che fa nome Pedersoli-Girotti. Ma se non consideriamo fondamentale l’assenza del gigante buono nazionale, ritroveremo nel testo dialoghi e battute davvero forti, in pieno stile Barboni, come in tale stile sono ricreate tante situazioni, soprattutto le scazzottate alla Bud & Terence. Non è difficile notare come nel film non muoia mai nessuno e non ci sia una sola traccia di sangue. Il cattivo di turno, Pizzuti, viene messo fuori uso a suon di ganassoni. É un po’, o sembra esserlo, il “C’era Una Volta il West” di Barboni con dei tentativi nostalgici dal segno amaro che sarebbero stati meglio in un altro film dal taglio più serio. Ma anche una commedia come questa può riservare delle simpatiche sorprese. Infatti, anche se di tono semplicistico, il contrasto tra il gentleman inglese e i rozzi mandriani del West mette alla berlina gli snodi narrativi e gli aspetti culturali del genere western che per convenzione diamo per scontati. Terence Hill prima di trasformarsi in pistolero dimostra fino alla nausea quanto non serva l’uso delle armi, gira in bicicletta e non a cavallo, si stupisce che una ragazza debba chiedere il permesso al padre per farsi prestare dei libri, e soprattutto ridicolizza i modi primitivi di affrontare ogni singolo aspetto della giornata. Ma dal canto loro, i rozzi banditi e mandriani e ubriaconi continuano imperterriti per il loro mondo. Un mondo che sta finendo e l’amarezza con cui lo sottolinea Barboni viene sempre sdrammatizzata dalla potente verve comica dei tre protagonisti che in quanto a carattere non sono secondi a nessuno. Certo, meglio Bud Spencer, la cui orsolinità è antologica ed imbattibile, ma anche Gregory Walcott fa bene, forse anche aiutato dal doppiatore storico di Bud, Glauco Onorato. Su tutti però giganteggia il fordiano Harry Carey Jr., invecchiato benissimo. Terence Hill non fa altro che continuare a dimenticarsi i suoi precedenti ruoli alla Clint Eastwood, o forse sarebbe meglio dire alla Franco Nero vista la somiglianza che permise a Terence di sostituire il vero Django in “Preparati la Bara!” di Baldi, e perpetuare ulteriormente questo suo nuovo ed archetipale, va detto, personaggio picaresco che lo accompagnerà lungo tutta la carriera. Il film quindi non può essere che simpatico, inferiore ai precedenti Trinità, ma davvero spassono.

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