Regia di Giulio Petroni vedi scheda film
Petroni, dopo qualche commediola girata fra la fine dei '50 e l'inizio dei '60, si dedicò allo spaghetti western sull'onda dei trionfi dei vari Leone e Corbucci; purtroppo per lui, però, non riuscì a bissare i successi dei colleghi più noti, sebbene i vari Tepepa, Da uomo a uomo e anche questo E per tetto un cielo di stelle ebbero un discreto esito commerciale sul momento. Ma a quarant'anni dall'uscita, di questi titoli non si ricorda granchè. E non è neppure un grosso dramma, perchè davvero di memorabile c'è poco, qui: Giuliano Gemma, Mario Adorf, Magda Konopka sono i nomi più celebri sul cartellone (e in una parte minore c'è anche Anthony Dawson, ma non è lo pseudonimo dietro cui si celava spesso Antonio Margheriti, bensì l'omonimo attore scozzese); la sceneggiatura risulta firmata, sui titoli di testa, dallo sconosciuto Alberto Areal e dal mestierante Mariano Laurenti (che curiosamente sceglie lo pseudonimo di Francesco Martino); quantomeno apprezzabili le musiche di Ennio Morricone, dirette da Bruno Nicolai. La trama si riassume nei consueti luoghi comuni del genere: il duello fra due pistoleri nemici è il punto di arrivo (atteso fin dalla prima scena) e per un'ora e mezza tutto procede lungo binari ormai consolidati (l'assalto alla carrozza, il saloon, la partita a poker, il funerale con il prete e la bella vedova, gli scenari rocciosi attorno al paesino, i primissimi piani sugli occhi dei pistoleri e via dicendo). Poca fantasia, ritmo sufficiente, interpreti dignitosi: il risultato è uno spaghetti western come tanti altri. 4,5/10.
Il pistolero Roger è a caccia di Tim, l'uomo che ha ucciso i suoi due figli. La scia di sangue e terrore si ferma quando i due finalmente si incontrano. Ma Tim nel frattempo ha trovato in Harry un alleato...
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