Regia di John Landis vedi scheda film
Un lupo mannaro americano a Londra del 1981 è generalmente considerato, a ragione, ai vertici della produzione di John Landis; con questo film il regista ha proseguito nel raccontare storie che vedono contrapposti personaggi eccentrici in conflitto con la consuetudine (come in Animal House o in The Blues Brothers, altro capolavoro), in cui l’anarchismo dei protagonisti mette alla berlina le convenzioni sociali del perbenismo borghese. In tali film la narrazione prende spunto da situazioni verosimili per esplodere poi in madornali beffe a danno della “normalità” mentre in questo film è la situazione di partenza a non essere verosimile, ma trae origine da leggende popolari, che però si avverano. Il filo conduttore è sempre la diversità che irrompe nella normalità portandola alla deflagrazione ma che qui, a differenza delle opere precedenti, assume un tono prettamente horror, anche se mitigato da notazioni ironiche, che sfocia nel tragico finale: è la diversità ad essere annientata dalla normalità perché retrocede l’umanità al puro istinto animale predatorio; è malefica e non liberatoria. Il povero protagonista, che ha comunque procurato del male anche se la sua volontà è sovrastata da forze soprannaturali, ne è obiettivamente responsabile e, pertanto, deve essere eliminato in quanto la diversità non può prevalere sulle convenzioni su cui si fondano i rapporti umani.
Una peculiarità di questo film è l’ironia, qualità piuttosto rara nei film horror: la si avverte, fra l’altro, nelle musiche di sottofondo ispirate alla Luna fra cui la celebre “Blue Moon” e nel finale che si svolge nel cinematografo porno, dove i “normali” spettatori regrediscono alla pura materialità dell’istinto sessuale, regressione parallela a quella del protagonista sopraffatto dalla primordiale e incontrollata aggressività animalesca
La beffarda ironia, in difficile equilibrio con l’autentico horror, è riconosciuta a ragione, come la migliore caratteristica del film, unitamente agli eccellenti effetti speciali (il trucco è stato premiato con l’Oscar); purtroppo nelle opere successive John Landis non ha più raggiunto la qualità del periodo iniziale della carriera. Il ritmo è sostenuto, senza pause che rallentino l’azione, gli attori, anche se non eccelsi, rendono credibili le loro interpretazioni senza strafare e la fotografia è di buon livello; complessivamente lo ritengo un buon film, interessante per le sue implicazioni.
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