Regia di Tom Shadyac vedi scheda film
Ci sono due ottimi motivi per godersi Una settimana da Dio. La prima è Jim Carrey un picchiatello astuto e mai sulla difensiva, un Jerry Lewis meno astratto, un attore dal formidabile talento (non si deve dimenticare la sua interpretazione in Man on the Moon) che preferisce cimentarsi con le trappole del cinema comico. Il secondo motivo, è Morgan Freeman negli eleganti e bianchissimi vestiti di un Dio sornione, saggio, cordiale e allegro. Un ”padre eterno“ a portata di mano e di preghiera che conosce benissimo le insidie del libero arbitrio delle sue amate creature. Se i due protagonisti sono una garanzia, gli esperti sceneggiatori sono stati più ispirati nello scrivere alcune battute e scene che nel tirare su le colonne portanti della storia. La regia è vigile per non lasciarsi scappare le esplosioni d’energia di Carrey e la sua tendenza a trasformare il campo di ripresa in un palcoscenico per una performance da comico di club. Carrey è Bruce un frustrato reporter televisivo che aspira a diventare anchorman e che ringhia contro tutto e tutti e se la prende con Dio perché non ascolta mai le sue preghiere. Un giorno l’onnipotente, stanco delle sue proteste, decide di prendersi una vacanza e affida a Bruce, l’impegnativa supplenza divina. Un punto di partenza gustoso e pieno di potenzialità attuate in misura ridotta.
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