Regia di François Ozon vedi scheda film
Nella sua casa di campagna in Borgogna dove si sta godendo la terza età, tra letture e la frequentazione di un'amica (Balasko) con la quale, anni addietro, ha condiviso "il mestiere", Michelle (Vincent) attende trepidante l'arrivo di sua figlia (Sagnier) e dell'amato nipotino (Erlos). Ma le cose non vanno per il verso giusto: la figlia di Michelle ha un'intossicazione da funghi e, intimorita dall'imprudenza della madre, se ne va, riportandosi il figlio al quale erano state promesse le vacanze con la nonna. È a questo punto che entra in gioco anche il figlio dell'amica di Michelle (Lottin), un ex galeotto che scompagina ulteriormente il destino di tutti.
Con una prolificità (23 lungometraggi in 24 anni) che nemmeno Mario Mattoli o Carlo Vanzina negli anni di massimo fulgore, François Ozon continua a scrivere film con il piede sinistro. L'ex supposto enfant prodige avvistato da una critica strabica, che si era ringalluzzita con operine del calibro di Potiche o Peter von Kant, ancora una volta dimostra che non basta l'attacco a sorpresa (peraltro soporifero, con lo scorrazzamento per i boschi fungo per fungo, foglia per foglia) per portare a casa il risultato. C'è moltissima acqua di rose e nessun climax in questo pseudo-giallo che vorrebbe proporsi come una riflessione sulla tossicità delle relazioni familiari, ma che non ha mai un sussulto. E infatti, come sempre accade nel cinema di Ozon (senza eccezioni), dopo pochi minuti il film comincia a scantonare sulla dimensione semionirica, su misteri gettati come esca allo spettatore senza poi tirarne i fili e su una trasandatezza nella messa in scena e nella direzione degli attori che sembra essere una via di mezzo tra la beffa e l'insulto allo spettatore.
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