Regia di Zoey Martinson vedi scheda film
Secondo film, per me, della mostra del cinema di Venezia 2024: The Fisherman.
Ammetto che all’inizio ero un po’ scettico, ma in parte poi mi sono ricreduto.
Atta Oko è un anziano pescatore ghanese che ha il desiderio di possedere una barca. Il suo rapporto con le innovazioni tecnologiche non è dei migliori e a ciò si aggiunge il ritrovamento di pesce di specie rara che inizia a comunicargli le proprie volontà. Con un gruppo di giovani disposti ad accompagnarlo decide di recarsi nella capitale Accra.
Il film inizia con non poche difficoltà sia di recitazione che di messa in opera della pellicola, poi più il film proseguiva e più queste problematiche si sono attenuate, regalando alla fine qualcosa di carino.
Ci sono alcuni punti e alcuni dialoghi piuttosto tirati: dubito fortemente che due pescatori di un’isola remota, di cui uno sicuramente non sa leggere, discutano amabilmente del cambiamento climatico.
Come trovo riuscita solo a metà l’idea del pesce parlante: piuttosto interessante il creare un qualcosa di fantasioso, ma piuttosto farraginoso il metterlo in pratica.
Sembra un modo per far emergere la coscienza del vecchio pescatore Atta Oko, ma forse c’erano modi migliori per risolvere questo problema.
Per il resto interessantissime le altre tematiche come l’inquinamento e la plastica, come la battaglia tra tradizioni e progresso, ma soprattutto la ricerca e l’accettazione di sé stessi.
“A volte si è più belli senza trucco” dice la figlia di Atta a Shasha che cerca di modificare il suo “io” per essere più accettata dagli altri.
Da sottolineare inoltre la bellezza della fotografia, sia nelle scene girate in isola, sia in quelle girate ad Accra. È stato fatto un lavoro spettacolare e, forse, proprio questa caratteristica è la cosa migliore del film.
Sono tanti i momenti in cui c’è questa sorta di contrasto tra ieri e oggi, tra passato e futuro, tra tradizione e progresso.
Il ristorante appena inaugurato ad Accra, super moderno ma in ricordo delle tradizioni del papà della proprietaria, le barche regolari dei pescatori contro i pescatori non autorizzati e ancora, una parrucca dai capelli fluenti a coprire i corti capelli ricci della figlia del protagonista.
Ma è proprio qui, che ahimè si perde un po’ la regista, non trovando il giusto bandolo della matassa e cercando un finale poetico ma fin troppo telefonato.
Evidenzia come il progresso effettivamente è la strada giusta da prendere, ma bisogna prenderla nella giusta misura e non a occhi chiusi.
Resta un film da vedere e da discuterne poi, sui temi cardini della pellicola
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