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Israel Palestine on Swedish Tv 1958-1989

Regia di Göran Hugo Olsson vedi scheda film

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La recensione su Israel Palestine on Swedish Tv 1958-1989

di EightAndHalf
6 stelle

Se si combina il binomio “televisione svedese” e “guerra” il primo pensiero va a Peter Watkins, regista britannico che proprio negli Anni Settanta realizzava alcuni suoi titoli falso documentaristici in territorio scandinavo. Questa volta però il documentario è vero: è Israel-Palestine by Swedish TV – 1958-1989, un lungo montaggio (quasi quattro ore) dei programmi televisivi che la nazione con Stoccolma propose all’opinione pubblica in un trentennio drammatico, per ripercorrere in ordine cronologico gli eventi che scossero il Medio Oriente fino alla Caduta del Muro di Berlino e ai prodromi degli accordi di Oslo. Solo che il regista Goren Olssen per prima cosa vuole mettere una pulce nell’orecchio: un testo su schermo a inizio film dice che un filmato non mostra necessariamente la verità, ma dice molto di vero su chi quelle immagini le ha create e montate. E infatti è uno dei primi programmi illustrato nel film che scopre subito le carte: un soldato israeliano chiede a un operatore televisivo svedese perché stiano riprendendo. L’operatore risponde che stanno cercando risposte e soluzioni. Il soldato risponde che, se le risposte fossero lì, loro, i soldati, non sarebbero certo anche loro lì a combattere. Segue una lunghissima – un po’ estenuante invero – carrellata di immagini, documenti, servizi, voci fuoricampo, ricostruzioni, sensibilizzazioni, proposti ai telespettatori svedesi. Materiali in tali quantità che non sembrano esserci state grandi selezioni e lavori in post-produzione, come se si volesse assecondare a tutti i costi il tedio e la piattezza (Watkins direbbe Monoform) di un’informazione che non si fa mai mediazione, ma segue i venti narrativi della storia secondo le più contemporanee sensibilità. Così non esiste mai, nella tv svedese, un servizio che tenga assieme entrambe le parti: si critica, si intervista o si fa impietosire sempre dall’una o dall’altra parte. E allora forse a questo serve affrontare la piattezza di quelle esperienze al tubo catodico, a ricordarci quanto quella stessa piattezza nasconda tendenziosità che formati canonici di messa in scena tendono a farci dimenticare. Forse era però il caso di rendere l'idea in modo meno punitivo.

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