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Broken Rage

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Broken Rage

di IlCinefilorosso
7 stelle

Col titolo stesso a suggerire il gioco parodistico, "Broken Rage" non si sforza mai di rappresentare pienamente la propria idea centrale, e non c'è alcun apparente interesse da parte del regista nel farlo, che in effetti non dovrebbe nemmeno preoccuparsene. Infatti, il film che Takeshi Kitano ha realizzato è ancor più delizioso. 

 

Con l'intento di proporre una sorta di dittico che inizia come un crudo film di Yakuza per poi tornare indietro e reinterpretare le stesse scene in chiave farsesca, "Broken Rage" si sviluppa come un semplice gioco di preparazione e ricompensa, regalando agli spettatori — e a se stesso — il più affettuoso dei dileggi e la meno tossica delle provocazioni. Che Kitano riesca a realizzare tutto questo in appena 66 minuti rende l'esperienza ancora più preziosa. Ed è bello assistere alla demolizione di promesse così ardue.

La portata dell’ultimo lavoro di Takeshi Kitano appare evidente, come accennato nelle prime righe, sin dal titolo. “Broken Rage” rielabora la trilogia degli “Outrage”, parodiando l’intero percorso cinematografico del regista. Tuttavia, sarebbe ingeneroso parlare solo di questo. Kitano sembra voler interagire con l'evoluzione del medium stesso, riflettendo sulla sua condizione nell'ambito dell'audiovisivo contemporaneo. Ne scaturisce un’opera di straordinaria consapevolezza e audacia, una parodia che, lontana dall'essere una sterile operazione autocitazionistica, si configura come un'indagine ironica e penetrante sullo stato attuale del cinema.

 

Il film si presenta inizialmente come un thriller incentrato sulle gesta di un sicario. Il protagonista, un killer al servizio della Yakuza, giunge claudicante in un caffè di Tokyo, muovendosi come se fosse a cavallo, con smorfie ridicole e un parrucchino grottesco. Verrebbe da chiedersi fino a che punto possono peggiorare le cose, ma non è necessario interrogarsi. "Broken Rage", partendo da un umorismo secco e sfociando in un'assurdità sfrenata, si rivela una lezione concisa di cinema parodistico. Kitano, inizialmente, si concentra su una forma di racconto semplice, per poi distruggerla con la forza di un martello che frantuma un'anguria.

Seguiamo il flusso narrativo mentre il signor Topo (interpretato dallo stesso Kitano) passa dal caffè, dove riceve la sua missione, al colpo, finalizzato a una fuga mascherata, per poi tornare alla sua dimora ascetica, dove attende con calma monacale il prossimo incarico. Fino a questo punto, il film risulta già piuttosto divertente, con situazioni memorabili come quella del corpulento sicario in preda alla frustrazione mentre cerca di correre su un tapis roulant o i rapidi arresti e interrogatori che trasformano il personaggio in una “talpa”, accolto quasi immediatamente nella Yakuza.

 

Sembra tutto piuttosto incredibile, se non fosse che il racconto, a partire dalla seconda metà del film, si arricchisce di una ridicola e improbabile accozzaglia di malavitosi, attraversando affari illeciti, tradimenti e inquietanti interrogativi. Con l'avvio di questa parte, la trama precipita nel caos. Quando la prima parte giunge al termine, con i malviventi arrestati e il valoroso Mister Topo in cima alla gerarchia, assistiamo a un ritorno all'iniziale establishing shot di Tokyo. Tuttavia, invece di sorvolare la città notturna, la camera cade e si distacca dalla struttura, anticipando il catastrofico caos che Kitano ha in serbo per noi. Così viene rielaborata la prima metà del film scena per scena, per poi giocare su questa familiarità e lasciare che il caos prenda il sopravvento. Il registro diventa slapstick su scala quasi operistica: nessuna scena si conclude senza una caduta comica, e ogni caduta è esaltata da effetti sonori bizzarri, trasformando il film in esperienza di pura gioia anarchica, come fosse un cartone animato in live action.

 

Come nelle migliori farse, il cineasta giapponese gioca con una formale irriverenza, prendendo in giro anche se stesso, evidenziando i buchi di bilancio, le scorciatoie e i mezzi limitati che aveva a disposizione. A più riprese, lo schermo diventa nero, l'azione è sostituita da chat con commenti derisori inviati dagli spettatori che, entrando nel meta, si lamentano dell'intervallo stesso e lo diagnosticano come riempitivo.

 

Kitano, che negli ultimi anni ha minacciato di ritirarsi, può chiudere in bellezza esibendo un indiscusso talento comico. E se il film non funziona mai completamente come lo Yakuza movie promesso inizialmente, allora è lecito considerarlo la sua ultima presa in giro. La commedia è facile; morire è difficile.

 

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