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Noi e loro

Regia di Delphine Coulin, Muriel Coulin vedi scheda film

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La recensione su Noi e loro

di Andreotti_Ciro
8 stelle

Dopo 17 ragazze (17 Filles; 2011) film che narrava la reale scelta di un gruppo di adolescenti di emanciparsi rimanendo in cinta; e Voir Du Pays, (id.; 2016) basato sul romanzo omonimo di Delphine Coulin, incentrato sugli orrori della guerra visti attraverso gli occhi di due soldatesse. Per il loro terzo lungometraggio le sorelle Coulin scelgono una nuova difficile narrazione capace anche di aprire molteplici chiavi di lettura.

 

La pellicola, in origine intitolata Jouer avec Le Feu (trad.: Giocare col fuoco), è basata sul romanzo: Quello che serve di notte dell’esordiente Laurent Petitmangin, cresciuto come i protagonisti all’interno di una famiglia dedita al lavoro in ferrovia. Ed è proprio all’interno del perimetro ferroviario che prende il via una storia che ricorda quella di numerose altre famiglie. Perchè la storia di Pierre potrebbe essere quella di ognuno di noi. Quella di un uomo di mezza età, vedovo e con due figli ai quali dedica ogni minuto del proprio tempo libero. Un operaio che si muove di notte e che gioca con il fuoco del titolo, per via delle torce che impiega sia per indicare i propri spostamenti, sia per segnalare la strada ai convogli da riparare. Ma la pellicola è anche la storia dei due figli di Pierre: Louis, prossimo alla maturità e desideroso d’iscriversi alla Sorbonne; e Fus metalmeccanico mancato, appassionato di calcio e inaspettatamente vicino all’estremismo ultras di destra. E quindi con la possibilità concreta di “giocare” anche lui con il fuoco.

 

Il film vede nella deriva di una famiglia come tante, e nell’incomunicabilità fra genitori e figli, il suo perno vitale. Quella di un uomo che non si capacita dei cambiamenti di un figlio sempre più distante dai propri insegnamenti e dei pericoli nei quali rischia d’incappare. E quella di un figlio post adolescente che probabilmente si vede escluso dalla vita famigliare a causa anche delle aspirazioni di un fratello con l’ambizione di volersi affrancare dalla vita piena di fatica alla quale anche lui, come il padre, rischia di essere condannato.

 

Vincent Lindon ci offre una prova perfettamente calata nella realtà e nelle ideologie di un uomo della classe operaia. Tornando ancora una volta in scena dalla parte non degli ultimi, ma della massa silenziosa di coloro che costruiscono l’ossatura e lo scheletro solido sul quale si modella la nostra società. Offrendoci lo sguardo di un padre che da molti anni ha dovuto e desiderato fare crescere i propri figli con alcuni valori per lui imprescindibili. Ma che si trova ostaggio di una situazione inattesa e che suo malgrado lo porterà a cercare di muoversi differentemente per seguire entrambi. Coppa Volpi meritata da Lindon all’ultimo Festival del cinema di Venezia, ma al suo fianco e altrettanto meritovoli di menzione, anche i giovani Stefan Crepon, nel ruolo di Louis, e Beniamin Voisin, in quello di Fus, perfetti nel centrare le peculiarità dei rispettivi ruoli, nei quali evoluiscono sempre senza mai andare oltre le righe.

 

È però tutta l’impalcatura della pellicola che funziona perfettamente, esattamente come uno scambio ferrioviario ben manutenuto. Film che piacerà e molto, a chi desidera esplorare le differenze che da sempre dividono genitori, figli e che non riguardano esclusivamente le convinzioni politiche nelle quali incappa il giovane Fus.

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