Regia di Halina Reijn vedi scheda film
VENEZIA 81 - CONCORSO - COPPA VOLPI PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE FEMMINILE A NICOLE KIDMAN
Una bellissima top manager di un grande gruppo dedito alla logistica (Nicole Kidman), madre di famiglia affettuosa e scrupolosa e moglie devota, nasconde e tiene sotto controllo le pulsioni sessuali che la coinvolgono, reprimendole o sfogandole segretamente con materiale pornografico dopo aver fatto sesso con il proprio ignaro marito.
Questo almeno sino al giorno in cui la sua vita incrocia quella di in affascinante e risoluto stagista (quel Harris Dickinson già piuttosto folle e spregiudicato in Triangle of sadness di Östlund) che saprà affrontarla imponendone regole che la donna, completamente succube sessualmente, non riuscirà a contestare, sottomette dosi e soggiogandoli ad esse come mai avrebbe sospettato.
Babygirl, della attrice e regista olandese di Instinct (2019) e dell'horror satirico Bodies bodies bodies (2022), Halina Reijn, sonda quel territorio misterioso della mente entro cui si celano i piaceri soggettivi legati al raggiungimento del piacere assoluto. Territori inesplorati e di cui spesso ci si vergogna in quanto trascendono da comportamenti comunemente conformi all'etichetta di una vita alto borghese che non prevede passi falsi o scandali.
Ne esce fuori una sorta di Attrazione Fatale differita di 40 anni ed invertita nei ruoli, in un film provocatorio e pruriginoso che, nel contempo, esplora altresì il lato della donna al potere e la gestione delle responsabilità che la vedono madre di famiglia e imprenditrice al comando di una gerarchia lavorativa e produttiva.
Babygirl è un thriller che a volte rasenta il ridicolo, ma consente a Nicole Kidman di spogliarsi venticinque anni dopo gli scandali e i nudi integrali di Eyes Wide Shut e di incarnare le contraddizioni che si incastrano entro quel fisico asciutto e flessibile come una canna di bambù, apparentemente fragile alle sollecitazioni, ma in realtà flessibile al punto giusto per resistere oltre ogni umana aspettativa alle minacce e alle trame che bollono per scalzarla dal suo ambito ruolo di donna al potere.
Un film che irrita e provoca, e convince soprattutto nella prova drammatica e assieme sconcertante della diva Kidman, davvero convincente, quasi inquietante. Antonio Banderas si ritaglia il ruolo non certo di secondo piano del marito umiliato ed offeso, suscitando quasi tenerezza per quel ruolo da fuco utilizzato e messo da parte da cotanta autorità femminile fuori controllo.
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