Regia di Franco Battiato vedi scheda film
"Tra la vita e la morte, unici eventi significativi dell'esistenza, c'è solo qualche breve attimo di veglia. Il resto è insignificante", annuncia la voce fuori campo di Manlio Sgalambro, filosofo eclettico nonché dioscuro da circa un decennio del cantautore siciliano Franco Battiato. Il problema della veglia dal punto di vista filosofico - ossia degli eventi significativi che segnano la vita di Ettore (Fortuna), ragazzotto di belle speranze con padre sottaniere (Bruschetta), che lascia la Sicilia per avventurarsi a Milano tra la metà degli anni '50 e i primi '60 - fa da contraltare a quello pragmatico del rimanere svegli. Qualche siparietto divertente, citazioni dotte, macchina da ripresa all'affannosa ricerca di qualcosa di originale e una spruzzzata di cammei non sono sufficienti a bilanciare un film letargico, spesso tronfio, narrativamente rapsodico, declinato in maniera autobiografica con tanto di riferimento al taoismo e a una certa sessuofobia che da parecchi anni caratterizza la scrittura del musicista catanese. Artisticamente incontinente (un disco all'anno, opere teatrali, pittura, adesso il cinema), Battiato manifesta un'albagia che in Italia ha pochi rivali.
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