Regia di Franco Battiato vedi scheda film
Uno strano oggetto del desiderio quest’esordio nella regia del cantautore (e pittore) Franco Battiato. Pur rifiutando l’etichetta di debutto che attinge nell’autobiografismo, è chiaro fin dall’incipit siciliano (metà anni ‘50) che l’artista catanese rivolge il suo sguardo all’indietro tra donne e ricami, mentori e ambizioni di fughe verso il Nord, direzione Milano, che Battiato frequenterà davvero e gli consentirà di spiccare il volo. Come nella e per la sua musica, “alto” e “basso” si susseguono, si incrociano, si sposano e divorziano bruscamente, spiazzando forse chi non ha mai frequentato le sue originali ricerche. Filosofia e chiacchiericcio, canzonette e sonate rigorosamente classiche, professori che declamano “verità” ma anche (e per fortuna) qualche sana granita alla mandorla. Un film che irrita ed emoziona, coinvolge e respinge, vola e immerge la testa nella sabbia, eccita ma fino a un certo punto. Tra le note liete, gli attori (sferzante Ferzetti, sfacciato Fortuna, fresca Finocchiaro, croccante Bruschetta) e i camei quasi forzati (tra i tanti: Elisabetta Sgarbi, Francesco De Gregori e Manlio Sgalambro, che ha sceneggiato in perfetta complicità con l’autore). La colonna è sonora, ipertrofica, ricchissima, e spazia - per l’appunto, come il film - da Non dimenticar le mie parole interpretata da Sgalambro (!) al preludio del Clavicembalo Ben Temperato di Bach.
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