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Perduto amor

Regia di Franco Battiato vedi scheda film

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La recensione su Perduto amor

di LorCio
6 stelle

Amare uno come Battiato è complesso ma appagante. Colto, libero, trascendente; snob e pop al contempo; involontariamente provocatorio in alcune sue derive irritanti che, a ripensarci, sono solo spruzzi di genio; con le capacità di essere guru eppure sempre allievo umile, nella pace dei sensi. Insomma, io Battiato lo stimo, mi piace. Certe canzoni di Battiato resteranno nella storia della musica, e su questo non si discute. Arrivato a quasi sessant’anni, il poliedrico e curioso uomo mette proprio in atto un’operazione basata sulla curiosità: la sua incursione nel genere cinematografico deve presupporre proprio l’intento curioso del suo autore. Assistito da Manlio Sgalambro, filosofo che ha ottenuto una certa fama proprio collaborando col cantautore (divenendo autore di molti suoi pezzi degli ultimi vent’anni), ha costruito una storia che si dice scombinata ed è invece lineare (nonostante alcuni innesti più ermetici), si ispira al film-balletto ma ripropone personali chiavi di lettura dei generi messi in campo (elegia nostalgica nella prima parte pseudo-tornatoriana, incrocio tra racconto di formazione interiore e commedia di costume estetica nella seconda parte), infarcisce il tutto con citazioni, riferimenti, rimandi, parodie, nomi tutelari che gli conferiscono una certa ricercatezza ma anche una sorta di distacco (da Empedocle a John Cage) nonché una dimensione metafisica (l’esperienza esoterica, i discorsi di Gabriele Ferzetti). In tutto questo, però, le cose che forse più restano sono le musiche, che siano canzonette di Adamo o Dalida o preludi di Bach, quasi a sottolineare la vera predisposizione di Battiato: capire le connessioni impossibile tra musiche lontanissime, eppure capaci di creare legami e relazioni che rispondono ad una sfera personale. Un film piccolo fatto di tante cose ma, riflettendoci, anche di niente (la storia è un niente, anche poco interessante), che corrisponde a quell’idea secondo cui un esordiente debba parlare di cose che conosce (anche se ti chiami Franco Battiato), con tutte le ingenuità, le mancanze e le superficialità di un’opera prima.

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