Regia di Roberto Mauri vedi scheda film
Lo sceriffo indiano è l'unica particolarità che si può ritenere più o meno memorabile di questo film; si tratta del primo capitolo di una trilogia, a dimostrazione di come, ancora nel 1971, lo spaghetti western riuscisse ad appassionare il pubblico del grande schermo e ad attirarlo con pochi mezzucci. Perchè la pellicola di Mauri, mestierante di serie B, dispone di un budget piuttosto misero e gli stessi mezzi del regista non sono proprio eccellenti; Vassili Karis è un protagonista dallo charme ridotto e al suo fianco i nomi più importanti (si fa per dire) sono quelli di Jack Betts / Hunt Powers, Margaret Rose Keil e Mimmo Palmara. In una particina di una sequenza iniziale compare brevemente anche il mitico Salvatore Baccaro. Neppure le musiche di Carlo Savina, che ha fatto certamente di meglio, risollevano la media generale - bassina - del prodotto, che si incaglia molto presto, nella sceneggiatura scritta dallo stesso regista, fra la miriade di luoghi comuni del genere; rimane appunto la singolarità dello sceriffo indiano, che lascia ragionare su un importante dubbio: ma Mauri voleva osare 'avanguardisticamente', voleva provocare (in fondo c'era appena stato il '68 e il ruolo dell'indiano, vittima oppressa, veniva drasticamente rivalutato) o semplicemente non avendo idee migliori pasticciava con quello che aveva a disposizione? 2/10.
Una bianca colomba si posa sul davanzale di una casa dove una donna ha appena partorito: il bambino si chiamerà Spirito Santo. Cresciuto, diverrà un temibile pistolero, assoldato per un assalto al treno che non va a buon fine e accusato (ingiustamente?) dell'assassinio di una donna.
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