Regia di Giovanni C. Lorusso vedi scheda film
Il Gaza Building è teatro di un film quasi claustrofobico. Lo sguardo non esce mai al di là dei muri scrostati e ammuffiti, delle pozzanghere e del buio che racchiude lo scheletro del palazzo. E la vita scorre lentissima in una dimensione atemporale che inchioda il mondo a una chiara responsabilità.
Un uomo è caduto o forse la caduta dell'uomo. Mi è piaciuto leggere questa intervista sul Manifesto che poneva questa domanda al regista. Ci sono in effetti due chiavi di lettura. Quella che il regista ha voluto raccontare e quella che lo spettatore può dare a questa pellicola. Un documentario che racconta la vita all'interno del Gaza Building, un ex ospedale di 11 piani che dopo essere stato abbandonato durante la guerra dalla fine degli anni '70 ha accolto molti palestinesi che vivono in condizioni estreme. La pellicola ha un'ottima fotografia, incentrata sugli scuri e sulle ombre. Lunghi piani sequenza dilatano il tempo e se il film sembra lunghissimo mentre dura solamente 70 minuti, ci si può chiedere quanto sia interminabile una giornata in quel palazzo. Mentre i bambini trovano la forza e la leggerezza di giocare, gli adulti si abbandonano alla rassegnazione. Un uomo è caduto mentre scappava da un appartamento. C'è chi dice che fosse un ladro, chi dice che fosse l'amante della donna che il marito ha colto in flagranza di adulterio, c'è chi dice che non sia vero. L'uomo che è caduto dal terzo piano sembra essere l'unico elemento che smuova la vita distaccata degli abitanti del palazzo. Un racconto importante che ci mostra una dura realtà.
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